Infrastrutture e connettività: l'India cerca investitori

“La globalizzazione è una realtà dei nostri tempi, e per stare al passo con questa realtà abbiamo bisogno di infrastrutture di altissima qualità”, ha spiegato lo scorso febbraio il premier indiano Narendra Modi durante la cerimonia per l’avvio dei lavori del nuovo aeroporto internazionale Navi Mumbai, uno dei 15 aeroporti internazionali indiani che aprirà nel 2022, quando saranno riportati a pieno regime anche 70 aeroporti regionali sinora inutilizzati o sotto-serviti. Sempre a Mumbai, il premier indiano aveva inaugurato poco prima il quarto terminal container del ciclopico porto commerciale Jawaharlal Nehru, nell’ambito del Sagarmala Programme. Il piano, approvato nel 2015, prevede la costruzione di nuovi mega-porti e l'ammodernamento di quelli esistenti, la creazione di 14 Zone Economiche Costiere e lo sviluppo del trasporto intermodale, con il duplice obiettivo di fare dei porti un volano di crescita e puntare sulla connettività per aumentare il peso regionale e internazionale del Paese.
Non solo porti e aeroporti. Tre anni fa, è stato avviato il Bharatmala, un ambizioso programma di investimenti di circa 70 miliardi di euro per lo sviluppo della rete stradale nazionale, oggi per il 95% locale e rurale, che ha l'obiettivo di aumentarne l’estensione con un ritmo medio di 45 km al giorno nei prossimi anni. Similmente, tra il 2016 e il 2020 il governo indiano ha previsto uno stanziamento di oltre 100 miliardi di euro destinati all’espansione, messa in sicurezza e decongestionamento della rete ferroviaria (ambito nel quale è stato siglato un accordo anche con Ferrovie dello Stato e Indian Railways a febbraio dell’anno scorso).
L’India gode di una collocazione geografica strategica nel crocevia delle più importanti rotte commerciali tra Est e Ovest. Ma la competizione regionale è già agguerrita e a preoccupare New Delhi è soprattutto Pechino. Con i massicci investimenti infrastrutturali della Nuova Via della Seta, la Cina ha incominciato a far sognare governi e imprese in Asia centrale, Europa e Africa, spianandosi la strada per l’espansione economica e commerciale più significativa dei prossimi decenni. Per stare al passo con il Dragone, l'India deve prima di tutto essere più competitiva, deve esserlo la sua economia e devono esserlo le sue infrastrutture. Il prezzo che sta pagando per la grave insufficienza di infrastrutture moderne ed efficienti è altissimo: per esempio i costi logistici, che da anni incidono sul prezzo dei prodotti indiani per il 14% (in Cina non superano l'8-10%).
Con queste priorità in mente, il piano di sviluppo infrastrutturale messo in cantiere da Modi integra porti, autostrade, ferrovie, trasporto aereo, reti elettriche, approvvigionamento idrico, energie rinnovabili e infrastrutture urbane, che dovranno tutti essere portati a livelli comparabili di sviluppo ed efficienza. Ma c'è un problema: gli ambiziosi piani d’investimento sulle infrastrutture sono più che mai necessari, ma costosi: per soddisfare i bisogni infrastrutturali del Paese tra il 2018 e il 2022 serviranno quasi 700 miliardi di euro. È una spesa che da solo lo Stato indiano, nonostante una crescita del Pil di quasi l’8% all’anno per i prossimi 5 anni, non può sobbarcarsi, e per questo il coinvolgimento dei privati sarà sempre più determinante. I nodi più urgenti da sciogliere per avvicinarli sono due: lo scarso supporto che possono garantire le banche indiane, cariche di non-performing asset che ne riducono la disponibilità a finanziare progetti di sviluppo infrastrutturale, e la mancanza di un framework giuridico e legislativo efficiente in grado di stimolare le partnership pubblico-privato, nonostante New Delhi si stia impegnando a semplificare procedure, burocrazia e vincoli fiscali per gli investitori.
Il Paese è in continua ricerca di partner stranieri che possano anche fornire il know how e i prodotti di alta qualità necessari al nuovo piano infrastrutturale; le imprese giapponesi, per esempio, sono già molto presenti in India. Il Made in Italy, invece, fa ancora fatica: la quota italiana sull’import del Paese è di solo l’1% (3,6 miliardi di euro di beni esportati nel 2017), anche se le previsioni dell’export per i prossimi anni sono molto positive (+7,7% in media all’anno fino al 2021). In questo contesto, lo spazio per le PMI italiane, soprattutto all’interno delle reti di fornitura, è enorme: trasporti, energia e sviluppo urbano sono i settori che richiederanno più investimenti, ma saranno particolarmente attraenti anche i settori di strade e autostrade, trasmissione dell'energia e rinnovabili. Chi vuole entrare nel mercato indiano può già contare su un’assistenza efficiente da parte delle agenzie nazionali (Investindia) e regionali indiane. È una scelta lungimirante investire in un Paese che sulle infrastrutture sta scommettendo il proprio ruolo nel mondo.
TREASURE CHEST
- Per competere con la Cina, l’India deve urgentemente dotarsi di infrastrutture moderne ed efficienti. Per New Delhi questa non è un’opzione, ma una necessità, anche perché le infrastrutture sono indispensabili per sostenere la crescita economica.
- Il governo indiano ha avviato un piano di investimenti per modernizzare porti, aeroporti, rete stradale e ferroviaria, sistemi di produzione e distribuzione dell’energia.
- L’India crescerà dell’8% all’anno, ma da sola non può sostenere i costi delle nuove infrastrutture: per questo cerca investitori ed è sempre più aperta a partnership con imprese straniere.
- Le opportunità per le PMI italiane in India sono numerose, soprattutto nei settori dei trasporti, dell’energia e dello sviluppo urbano.