Officine PNRR: Chimica e Farmaceutica - Evoluzioni post Covid

 
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Le nuove sfide per il settore negli anni post-Covid

Per valutare la performance delle imprese del settore è opportuno muovere da una visione di lungo periodo, e valutare quanto è cresciuto il fatturato del settore negli ultimi 10 anni. Dall’analisi si nota come l’industria del chimico-farmaceutico presenti un andamento a grandi linee paragonabile a quello del manifatturiero.

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Del resto, quello degli intermedi chimici è un settore tipicamente ciclico, ossia è legato a doppio filo all’andamento della congiuntura economica, e ciò trova giustificazione nel fatto che i prodotti del settore “entrano” in maniera ramificata in tutti i più rilevanti settori del tessuto manifatturiero italiano: tra questi citiamo, in particolare, le costruzioni, l’automotive, l’alimentare, la moda e il largo consumo. L’andamento della chimica e quello della manifattura è, pertanto, sovrapponibile sebbene, stante l’elevata sensibilità della domanda rispetto alla dinamica delle scorte, le fluttuazioni del fatturato risultano, normalmente, amplificate rispetto a quanto osservato nei settori più a valle. Da questo punto di vista il 2020 ha rappresentato un’eccezione, in un contesto in cui la maggiore domanda di prodotti per il packaging (alimentare e non) e di protezione individuale ha “riparato” il settore dagli effetti della recessione dei comparti più “a valle”, portando a una contrazione del fatturato relativamente più contenuta se paragonata alla media del manifatturiero.

Viceversa, la ripartenza del 2021 ha portato le vendite del settore a esprimere ritmi medi di crescita più sostenuti sia rispetto a quelli medi dell’industria italiana, sia se confrontata con la performance dei principali peers europei. Inoltre, complice il dinamismo della domanda finale, le imprese della chimica sono riuscite a “traslare” l’incremento del costo dell’energia e delle materie prime sui prezzi dei prodotti finali, beneficiando di un notevole incremento del fatturato misurato a valori correnti (+37% circa nel 2021). Tale tendenza, nonostante la frenata che ha caratterizzato la seconda metà dell’anno, ha trovato conferma anche nel 2022.

Al contrario della chimica, il settore della farmaceutica si caratterizza per il fatto di essere relativamente aciclico (i.e. scarsamente sensibile all’andamento del ciclo economico). Nell’ultimo decennio il fatturato settoriale si è costantemente incrementato rispetto all’anno precedente. Nel 2020, la pandemia e la maggiore domanda di prodotti farmaceutici ad essa connessa ha alimentato un notevole incremento del fatturato; tuttavia, all’inizio del 2021 il settore si è avviato verso un calo (a questa tendenza ha contribuito la minore diffusione dell’influenza stagionale, data la ridotta circolazione delle persone, la chiusura delle scuole, l’utilizzo delle mascherine e le misure di distanziamento), recuperando poi terreno dai mesi estivi. Nel corso del 2022 la Farmaceutica italiana ha confermato un buon andamento, grazie al contemporaneo contributo delle vendite sul mercato interno e delle esportazioni. 

I driver sottostanti la crescita del settore sono due: domanda interna e commercio estero.

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Dal grafico è possibile dividere l’andamento della domanda interna in 3 fasi:

  • dal 2012 al 2014 la domanda interna ha contribuito negativamente alla crescita del fatturato;
  • dal 2015 al 2018 il contributo è stato positivo;
  • nel biennio 2019-2020 il contributo è tornato in territorio negativo:

Il 2021, l’anno della ripresa post-pandemica, si è chiuso con un deciso incremento del fatturato della Chimica-Farmaceutica, guidato soprattutto dalla domanda interna e, in particolare, dalla necessità di ripristinare le scorte di magazzino, quasi azzerate durante la pandemia a causa dell’incertezza sulla ripartenza dei consumi. All’opposto, nello stesso arco di tempo emerge un contributo del commercio estero negativo collegabile, tra gli altri fattori, anche al deciso incremento dei costi di trasporto, fattore che penalizza le esportazioni.

Per entrambi i settori, il 2022 ha rappresentato l’anno del consolidamento, dopo il rimbalzo del 2021.

Nel caso della chimica, il 2022 può essere diviso in due fasi. 

  1. Una prima metà dell’anno in cui la tenuta della domanda interna di input chimici destinati, in particolare ma non solo, al settore delle costruzioni (polimeri per isolamento, tubi, guarnizioni, vernici, colle ecc., in forte crescita grazie al notevole dispiegamento di misure di stimolo) ha continuato a trainare l’attività del settore. Favorevole anche l’andamento degli input destinati al packaging, la cui crescita è stata sostenuta dalla prosecuzione del trend di crescita del commercio online.
  2. E una seconda metà dell’anno caratterizzata (qui, come in altri settori produttori di beni intermedi) da un deciso rallentamento, riconducibile agli effetti diretti (via riduzione del potere d’acquisto delle famiglie) e indiretti (rialzo dei tassi di interesse per “tamponare” la risalita dell’inflazione) delle tensioni emerse, in particolare dai mesi estivi, sui mercati dell’energia.

Nel complesso, la domanda interna di prodotti del settore, dopo il notevole incremento del 2021 (+23.1%) ha mostrato un andamento sostanzialmente piatto nel 2022. Relativamente più “dinamico” il contributo fornito dalle esportazioni che, dopo essere cresciute del 14% circa nel corso del 2021 (a ritmi, quindi, più contenuti rispetto alla domanda interna) complice una serie di fattori favorevoli (tra cui l’euro debole e il rientro dei costi di trasporto) hanno archiviato il 2022 in crescita in volume del 2.8% (ma a fronte di un contestuale, più forte aumento delle importazioni, +4% in volume).

Per la farmaceutica il 2020 è stato un anno molto particolare: il settore è stato il più resiliente nel panorama manifatturiero italiano, sostenuto soprattutto da livelli record di esportazioni (con un contributo determinante di medicamenti e vaccini). Il mercato interno è stato invece condizionato dall’emergenza sanitaria, che ha sostenuto il consumo di farmaci utilizzati per curare i contagiati Covid e il sistema nervoso (antidepressivi e tranquillanti), ma, al contempo, ha frenato la domanda di cure per traumi o malanni di stagione e, (anche per il timore dei pazienti di contrarre il virus accedendo alle strutture ospedaliere) portato al rinvio di interventi chirurgici ordinari e all’interruzione di terapie. Il combinato disposto tra la maggiore richiesta connessa agli effetti della pandemia e il calo dei consumi di altre tipologie di farmaci non ha comunque impedito alla Farmaceutica, caso unico nel panorama manifatturiero, a “beneficiare” di una sostanziale tenuta della domanda interna.

La graduale riduzione delle restrizioni, la massiccia campagna vaccinale e la ripartenza delle attività ospedaliere hanno portato a un significativo rimbalzo della domanda interna rivolta al settore nel 2021. La richiesta di prodotti farmaceutici si è mantenuta orientata in senso debolmente espansivo anche nel 2022, bilanciando una maggior domanda legata alle malattie stagionali e alla crescente normalizzazione di controlli, visite e interventi, con il minor peso della campagna vaccinale anti-Covid. Decisamente positivo, sempre nel 2022, il contributo delle esportazioni. L’Italia, oltre a essere un hub per la produzione di anticorpi monoclonali e antivirali è, infatti, divenuta uno dei principali paesi europei per export di vaccini anti-Covid, realizzati negli stabilimenti italiani autorizzati dal comitato dei medicinali umani di Ema. In forte crescita anche l’export delle altre tipologie di vaccini.

 

 

 

Mercato domestico e mercati esteri: quale il bilanciamento ottimale?

Nel corso dell’ultimo decennio, la crescita del settore ha trovato spunti di crescita nei mercati esteri, non sempre accompagnati da una domanda interna vivace.

 

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Nel complesso, gli ultimi 10 anni sono stati caratterizzati da un graduale incremento della proiezione e la propensione all'export del settore, come conferma la crescita media delle esportazioni relativamente più consistente (di circa un punto percentuale nella media 2012-’22) rispetto alle importazioni.

Queste dinamiche si sono riflesse in un saldo commerciale che, pur strutturalmente in area negativa, ha comunque registrato un miglioramento almeno fino al 2020: nell’anno della pandemia il crollo della domanda interna (in primis di prodotti chimici di base) ha portato il differenziale tra esportazioni ed importazioni, misurato a prezzi correnti, intorno ai -5.8 miliardi di euro, contro gli oltre -12 miliardi di euro rilevati solo due anni prima.

Decisamente meno incoraggiante il profilo evidenziato nell’ultimo biennio quando, complice anche le difficoltà dell’industria nazionale nel tenere il passo con una domanda interna in fortissima crescita, il saldo commerciale è precipitato sotto la soglia dei -18 miliardi di euro. Il deterioramento del saldo commerciale (che riguarda soprattutto i settori della chimica) è stato amplificato dalla dinamica largamente espansiva registrata dai prezzi delle materie prime, in primis energetiche, in fortissima crescita tra il 2021 e il 2022, e dal contestuale indebolimento dell’euro rispetto alla valuta statunitense.

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Sia la chimica, sia la farmaceutica sono settori orientati verso le destinazioni commerciali in prossimità geografica con l’Italia. Nel settore della chimica, la quota di export verso i paesi dell’Europa Occidentale, già rilevante, è fortemente incrementata tra il 2020 e il 2021. Complice l’incremento dei costi di trasporto, nel 2021 oltre la metà delle esportazioni chimiche italiane sono state destinate a quest’aggregato, con l’incremento più ragguardevole osservato in direzione dei mercati top (Spagna, Germania, Francia). Meno brillante l’export verso USA, Giappone e Cina.

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Nel settore della farmaceutica, le esportazioni hanno subito un ridimensionamento nel 2021: questo è stato causato da una riduzione delle vendite di medicamenti, che non è stato compensato dalla crescita dell’export di vaccini. Con riferimento ai mercati di sbocco, è diminuito l’export soprattutto verso gli Stati Uniti (il cui “peso” è decisamente più rilevante se confrontato a quello della chimica) ma anche verso la Francia e il Regno Unito. Al contrario, si è registrato un incremento dell’export verso il Belgio

Nel complesso, la vocazione internazionale dell’industria chimico-farmaceutica italiana ha compiuto negli ultimi anni notevoli passi in avanti, coinvolgendo un numero sempre più cospicuo di aziende esportatrici.

 

 

Margini e profitti

Per valutare le conseguenze che ha avuto il Covid sui bilanci delle imprese e, in particolare, sulla redditività media del settore, è utile esaminare l'evoluzione del ROI negli ultimi 10 anni.

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Il ROI (Return On Investment) è un indicatore di redditività utile per misurare la capacità di un’impresa/ settore nel generare utili mediante la gestione caratteristica. Si ottiene rapportando il risultato operativo al totale del capitale investito, quantificando dunque quanto ha reso investire in un determinato settore o in una determinata azienda.

Tra il 2016 e il 2020 l'industria italiana del chimico-farmaceutico ha mostrato una redditività industriale in progressivo deterioramento, rimanendo tuttavia sempre su livelli largamente superiori (di oltre 5 punti) a quelli medi del manifatturiero. La crisi del Covid nel 2020 è costata al settore 1.7 punti di ROI, rispetto ai due con cui ha colpito l'industria nel suo complesso.

Nel 2021-‘22 il settore ha beneficiato di un miglioramento dei parametri di redditività, riportandosi su livelli solo lievemente inferiori rispetto a quelli osservati ai livelli pre-Covid, scontando soprattutto gli effetti degli aumenti di costo di diverse materie prime. Anche l’incremento dei costi di trasporto ha scoraggiato le esportazioni, impattando in modo negativo sulla redditività delle imprese con maggiore vocazione internazionale. Occorre, in ogni caso, segnalare come (complice una domanda interna orientata in senso largamente espansivo) il calo della redditività sia risultato concentrato soprattutto nelle imprese che operano nella produzione di farmaci: quelle della chimica sono, infatti, riuscite a traslare gli aumenti dei costi di acquisto sui listini, consentendo al ROI di rimbalzare di oltre 3 punti dai minimi del 2020 e riportarsi, nel 2022, sui livelli non distanti da quelli del 2016-’17.

Debiti e rischi

Per misurare l’equilibrio finanziario delle imprese del settore chimico-farmaceutico è utile esaminare il Leverage, ovvero la leva finanziaria, che si ottiene rapportando i debiti contratti verso terzi al capitale proprio. Valori dell'indicatore inferiori all'unità segnalano una situazione di sostanziale equilibrio finanziario, per contro valori molto superiori all'unità indicano tensioni dal punto di vista finanziario.

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Dal grafico, che mette a confronto il leverage dell'industria italiana del chimico-farmaceutico con quello del manifatturiero, vediamo come il Leverage del settore abbia evidenziato valori sempre inferiori al manifatturiero e sempre inferiori all'unità: si tratta di un settore che dal punto di vista finanziario non ha particolari problemi, come avviene mediamente per tutta la manifattura.

Il progressivo ridimensionamento del Leverage nel corso degli anni riflette il miglioramento diffuso delle condizioni di accesso al credito. Un altro elemento significativo è il rafforzamento patrimoniale delle imprese, che ha caratterizzato sia il chimico-farmaceutico che il manifatturiero nel suo complesso, coinvolgendo sia le imprese di dimensioni inferiori che le imprese più strutturate.

 

Il settore in sintesi: pre-Covid, Covid e post-Covid

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Il chimico-farmaceutico rientra tra i settori meno penalizzati dal Covid, come si evince da un fatturato che è diminuito in modo lieve nel 2020 rispetto ai valori del 2019, recuperando poi nel 2021-’22 con un deciso incremento che l’ha riportato (complice anche un significativo effetto prezzi) su livelli largamente superiori a quelli del pre-Covid. Anche l’andamento delle esportazioni ha manifestato trend positivi e in continuo aumento tra il 2021 e, soprattutto, il 2022, attestandosi tuttavia su livelli inferiori alle importazioni, da cui deriva un saldo commerciale largamente negativo, come mostrato in grafica. La redditività si mantiene su livelli molto buoni, superiori alla media del manifatturiero, e il settore è solido dal punto di vista patrimoniale, come si evince da un Leverage i cui valori si attestano su valori inferiori all’unità.

 

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