Officine ESG: i fondi europei e le filiere da seguire

Ci sono dei fondi per la transizione green, scopriamoli insieme!

Uno dei pilastri del Green Deal europeo è legato agli investimenti che saranno supportati per effettuare la transizione. I progetti finanziati nell'ambito del piano di investimenti del Green Deal europeo contribuiranno al conseguimento degli obiettivi del Piano, agevoleranno l'emergere di nuove industrie dell'energia pulita e dell'economia circolare e creeranno posti di lavoro di alta qualità per un'economia europea competitiva. 

Il piano di investimenti del Green Deal europeo (EGDIP, European Green Deal Investment Plan), altresì indicato come Piano di investimenti per un'Europa sostenibile (SEIP, Sustainable Europe Investment Plan), prevede tre principali obiettivi:
  • in primo luogo, incrementare i finanziamenti per la transizione e mobilitare almeno 1.000 miliardi di € a sostegno di investimenti sostenibili nel corso del prossimo decennio attraverso il bilancio dell'UE e gli strumenti associati, in particolare InvestEU;
  • in secondo luogo, creare un quadro che consenta facilmente ai privati e al settore pubblico di effettuare investimenti sostenibili;
  • in terzo luogo, fornire supporto alle amministrazioni pubbliche e ai promotori dei progetti ai fini dell'individuazione, della strutturazione e dell'esecuzione di progetti sostenibili.

 

I finanziamenti: “InvestEU” o il “Fondo per una transizione giusta

Per quanto riguarda il primo obiettivo, sono previsti almeno 1.000 miliardi di € in investimenti sostenibili, che saranno mobilitati nel corso del decennio per realizzare gli obiettivi del Green Deal europeo. I fondi e i programmi che contribuiscono al piano di investimenti del Green Deal europeo, quali “InvestEU” o il “Fondo per una transizione giusta”, saranno indirizzati ad un'ampia gamma di progetti. Potranno trarne beneficio, tramite programmi e prodotti specifici, sia progetti di piccole dimensioni (ad esempio il rinnovo energetico degli edifici) sia iniziative di più ampia portata come l'installazione di una rete di stazioni di ricarica dei veicoli elettrici, la modernizzazione dei servizi di teleriscaldamento, l'installazione di pannelli solari e l'aumento dell'efficienza energetica delle imprese industriali.

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Abbiamo descritto i principali rischi legati alla grande sfida globale della transizione green per le imprese, la quale abbiamo visto richiederà forti cambiamenti, tempo e investimenti, nonché come questa potrà cambiare lo scenario competitivo internazionale. Affinché questa sfida possa essere vinta, occorrerà che le imprese siano in grado di rendere il cambiamento una fonte di sviluppo e soprattutto di nuove opportunità di business, per far sì che gli investimenti siano percepiti come tali, e non come semplici costi. Nel presente capitolo andremo quindi ad analizzare quali sono i fondi a supporto della transizione green dell’industria e alcuni sviluppi in termini di filiere produttive che potrebbero generare opportunità per le imprese.

 

Ci sono dei fondi per la transizione green, scopriamoli insieme!

Uno dei pilastri del Green Deal europeo è legato agli investimenti che saranno supportati per effettuare la transizione. I progetti finanziati nell'ambito del piano di investimenti del Green Deal europeo contribuiranno al conseguimento degli obiettivi del Piano, agevoleranno l'emergere di nuove industrie dell'energia pulita e dell'economia circolare e creeranno posti di lavoro di alta qualità per un'economia europea competitiva. 

Il piano di investimenti del Green Deal europeo (EGDIP, European Green Deal Investment Plan), altresì indicato come Piano di investimenti per un'Europa sostenibile (SEIP, Sustainable Europe Investment Plan), prevede tre principali obiettivi:
  • in primo luogo, incrementare i finanziamenti per la transizione e mobilitare almeno 1.000 miliardi di € a sostegno di investimenti sostenibili nel corso del prossimo decennio attraverso il bilancio dell'UE e gli strumenti associati, in particolare InvestEU;
  • in secondo luogo, creare un quadro che consenta facilmente ai privati e al settore pubblico di effettuare investimenti sostenibili;
  • in terzo luogo, fornire supporto alle amministrazioni pubbliche e ai promotori dei progetti ai fini dell'individuazione, della strutturazione e dell'esecuzione di progetti sostenibili.

 

I finanziamenti: “InvestEU” o il “Fondo per una transizione giusta

Per quanto riguarda il primo obiettivo, sono previsti almeno 1.000 miliardi di € in investimenti sostenibili, che saranno mobilitati nel corso del decennio per realizzare gli obiettivi del Green Deal europeo. I fondi e i programmi che contribuiscono al piano di investimenti del Green Deal europeo, quali “InvestEU” o il “Fondo per una transizione giusta”, saranno indirizzati ad un'ampia gamma di progetti. Potranno trarne beneficio, tramite programmi e prodotti specifici, sia progetti di piccole dimensioni (ad esempio il rinnovo energetico degli edifici) sia iniziative di più ampia portata come l'installazione di una rete di stazioni di ricarica dei veicoli elettrici, la modernizzazione dei servizi di teleriscaldamento, l'installazione di pannelli solari e l'aumento dell'efficienza energetica delle imprese industriali.

Particolare attenzione sarà prestata alle ripercussioni sociali ed economiche della transizione nelle regioni ad essa più esposte; saranno finanziati progetti di varia natura, riguardanti ad esempio la creazione di nuovi posti di lavoro attraverso un supporto alle aziende e mediante l'assistenza alla ricerca di lavoro e alla riqualificazione delle persone in cerca di occupazione che hanno perso il lavoro a causa della transizione, come pure la ristrutturazione degli edifici e gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili, le reti di teleriscaldamento e il trasporto sostenibile.

Parte di questi fondi sono stati indirizzati nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) creato per la ripresa dell’economia post-Covid, che destina il 31% dei fondi totali (circa 235 miliardi di euro tra fondi europei e italiani) alla missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, e il 13% alle “Infrastrutture per la mobilità sostenibile”. Inoltre, nell’ambito del Green Deal italiano, sono stati messi a disposizione 600 milioni di euro per la concessione di finanziamenti agevolati (a valere sul Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca) e 150 milioni di euro per la concessione di contributi per progetti di ricerca, sviluppo e innovazione per la transizione ecologica e circolare.

 

EU Taxonomy: anche i mercati finanziari si stanno adeguando

Il secondo obiettivo del piano di investimenti Green Deal è invece quello creare un quadro che consenta facilmente ai privati e al settore pubblico di effettuare investimenti sostenibili. Da questo punto di vista, i mercati finanziari già da qualche anno si stanno muovendo nella direzione della sostenibilità ESG: l’Asset Under Management di prodotti finanziari/assicurativi ESG in Italia è più che raddoppiato da inizio 2020 a fine 2022. Inoltre, secondo i dati del Climate Bonds Iniziative, nel nostro Paese sono stati emessi green bond per 18.8 miliardi di dollari nel 2021, un ammontare in crescita ma ancora relativamente basso rispetto agli altri Paesi (124 miliardi in Francia, 93 in Germania). Anche le banche stanno indirizzando sempre più fondi in tale direzione: in Italia i due maggiori gruppi bancari hanno più che triplicato le emissioni di finanziamenti a green e circular economy con forti impegni anche per il futuro.

In questo contesto, l’Unione Europea ha creato un sistema di classificazione comune per le attività economiche sostenibili, la "EU Taxonomy", per stabilire un linguaggio comune e una definizione chiara di quali attività vengono considerate sostenibili. La Tassonomia rivestirà un ruolo crescente nell’orientare le scelte del mondo finanziario verso le attività incentivate dalle normative europee, e diventerà un potente strumento per influenzare l’allocazione delle risorse pubbliche e private. Pertanto, le imprese che saranno in grado di indirizzare le proprie attività verso i criteri della Tassonomia potranno beneficiare di tali classificazioni per accedere a determinati tipologie di finanziamento.

È il caso, ad esempio, del programma di coperture beneficianti della garanzia della Repubblica Italiana previsto dal “Green Deal italiano”, introdotto a partire da luglio 2020 e attuato tramite SACE. Il programma prevede la partecipazione di tutte le aziende italiane - di qualsiasi dimensione - che intendano finanziare i propri progetti d’investimento Green, purché i progetti rispondano ai parametri previsti dalla Tassonomia. 


 

Uno sguardo alle filiere per raggiungere la neutralità climatica

Le tecnologie e le logiche necessarie per effettuare la transizione verso un’economia completamente Green pongono l’attenzione sulla necessità di creare ex-novo intere filiere produttive, o modificare quelle esistenti.

Il Green Deal europeo si sofferma con particolare interesse sulle filiere in cui investire maggiormente in termini di sostenibilità ambientale. L’obiettivo principale del piano consiste nell’acquisire e utilizzare tecnologie a basse emissioni e prodotti e servizi sostenibili in modo da conseguire la neutralità climatica per il 2050. Per contribuire a questo obiettivo, sono state individuate una serie di azioni legate a filiere strategiche per la transizione: 

  • un’alleanza a livello europeo sui materiali critici
  • un’alleanza sulle batterie
  • un’alleanza europea sull’idrogeno pulito
  • investimenti sulla plastica circolare.

 

La dipendenza tecnologica: un ostacolo da superare

Nell’ambito del PNRR italiano sono previsti diversi canali di investimento relativamente alle filiere protagoniste della transizione green. In particolare, si intende innanzitutto sviluppare una leadership tecnologica e industriale nelle principali filiere della transizione (sistemi fotovoltaici, turbine, batterie) che consentano di ridurre la dipendenza da importazioni di tecnologie e creare occupazione e crescita. Questo comporta anche un rafforzamento della ricerca e dello sviluppo nelle aree più innovative, a partire dall’idrogeno. Inoltre, un ulteriore spinta è prevista per la filiera agroalimentare, con l’obiettivo di renderla smart e sostenibile, permettendo di ridurre l’impatto ambientale in una delle eccellenze italiane tramite supply chain “verdi”.

Dal punto di vista delle energie rinnovabili, sono previsti investimenti rilevanti nell’ambito dell’energia solare e eolica onshore, ma anche nello sviluppo della filiera dell’idrogeno. Infatti, si prevede un aumento della capacità installata fotovoltaica complessiva da 152 GW a 442 GW al 2030 a livello europeo, e da 21 GW a più di 52 GW solo in Italia.

Ad oggi, il mercato dei pannelli solari è dominato da produttori asiatici e cinesi (70% della produzione di pannelli), mentre in Europa è presente solo il 5% della produzione di pannelli. Questa crescita attesa rappresenta un’opportunità per sviluppare una industria europea nel settore in grado di competere a livello globale,il che è particolarmente rilevante per l’Italia, che grazie al proprio ruolo di primo piano nel bacino Mediterraneo, in un contesto più favorevole rispetto alla media europea, può diventare il centro nevralgico di un nuovo mercato. Con l’obiettivo di sviluppare il mercato dell’idrogeno, si prevede inoltre l’installazione in Italia di circa 5 GW di capacità di elettrolisi entro il 2030, a cui si aggiunge lo sviluppo di ulteriori tecnologie necessarie per sostenere l’utilizzo finale dell’idrogeno (es. celle a combustibile per autocarri). 

 

La mobilità può e deve essere sostenibile

Spostando l’attenzione sulla mobilità, il piano strategico nazionale per la mobilità sostenibile prevede il graduale rimpiazzo di autobus e mezzi di trasporto pubblici con nuovi veicoli meno inquinanti, in particolare veicoli elettrici. Il rinnovo del parco autobus italiano e il miglioramento del livello di servizio implicano la creazione di sufficiente capacità produttiva e un profondo rinnovo del settore, sia in termini di riconfigurazione delle industrie attuali verso nuove tecnologie sia in termini di maggiore efficienza energetica e minore impatto ambientale. I forti investimenti nel settore delle mobilità pongono inoltre l’attenzione sulla necessità di sviluppare una filiera europea delle batterie, alla quale dovrebbe partecipare anche l’Italia insieme ad altri Paesi come Francia e Germania, onde evitare una eccessiva dipendenza futura dai produttori stranieri che impatterebbe in maniera negativa sull’elettrificazione progressiva del parco circolante sia pubblico che privato. 

Riconoscendo che l’innovazione che origina da laboratori di ricerca, start up o PMI sia un elemento indispensabile per abilitare e accelerare la transizione ecologica, l’Italia vuole offrire un terreno sempre più fertile per lo sviluppo di start-up green (attualmente, è il nono paese al mondo per qualità della ricerca su scienze ambientali). Tuttavia, il nostro Paese sconta al contempo un evidente fallimento di mercato in termini di trasferimento della ricerca scientifica in brevetti e business innovativi, cosa che pone limiti importanti alla capacità del Paese di sviluppare a scala soluzioni innovative per la transizione ecologica.

L’obiettivo nel prossimo decennio sarà quindi quello di incoraggiare e stimolare la crescita di un ecosistema di innovazione, con focus particolare sui settori della transizione verde (es. rinnovabili, mobilità sostenibile, efficienza energetica, economia circolare, trattamento rifiuti, batterie, etc.), tramite investimenti di venture capital diretti e indiretti.

Altre filiere legate alla transizione sono quelle dell’automotive, dell’agricoltura, delle costruzioni e delle apparecchiature per l’efficientamento energetico delle abitazioni, come i sistemi di condizionamento e riscaldamento.

 

Qualche dato sui settori

Automotive

Riguardo al settore dell’automotive, lo spostamento dai motori endotermici a quelli elettrici è già in corso da qualche anno. Per quanto incerte e difficilmente prevedibili, queste traiettorie sono ovviamente cruciali per tutta la filiera: in un veicolo elettrico scompare il 43% e si modifica il 25% dei componenti tradizionali (calcolato come numero di componenti scomparsi / modificati sul numero totale dei componenti auto). In particolare, scompaiono tutti i componenti che fanno parte della base del motore tradizionale, dei sistemi di iniezione, dell’albero motore, dei sistemi di accensione, dei sistemi di alimentazione carburante, del turbocompressore, dei sistemi di post-trattamento degli scarichi e della frizione, il 25% dei componenti del cambio e dei sistemi hardware, il 15% dei componenti dei sistemi di A/C e il 10% dei componenti dei sistemi di raffreddamento. Anche Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) sottolinea come fino all’85% dei componenti del “powertrain” tradizionale risultino “superati” nei veicoli elettrici che prevedono un’architettura molto semplificata rispetto a un veicolo tradizionale (da 1 400 a 200 componenti circa), mentre altri componenti (come i sistemi di raffreddamento e trasmissione) dovranno essere modificati per adeguarsi a una configurazione ibrida e alle batterie. Inoltre, nei veicoli ibridi il motore tradizionale deve essere ridotto in dimensioni, ma anche pneumatici, freni e sospensioni devono essere modificati. Pur non potendo prevedere quella che sarà la nuova configurazione di equilibrio del mercato (in termini di peso relativo delle diverse tipologie di alimentazione), risulta quindi evidente che una diffusione più o meno ampia dei motori elettrici o l’emergere di ulteriori tecnologie alternative (e.g. idrogeno) avranno effetti rilevanti che si moltiplicano lungo tutta la filiera di subfornitura.

Agribusiness

Nel settore Agribusiness, sono previsti nei prossimi anni forti investimenti dal punto di vista energetico (l'Italia è tra i paesi con il più alto consumo diretto di energia nella produzione alimentare dell’Unione Europea, con i costi energetici totali che rappresentano oltre il 20% dei costi per le aziende agricole, con percentuali più elevate per alcuni sottosettori) per l’ammodernamento degli edifici ad uso produttivo e per la produzione di energia rinnovabile. Inoltre, gli agricoltori dovranno trasformare rapidamente i loro metodi di produzione e utilizzare al meglio nuove tecnologie, in particolare attraverso la digitalizzazione, per ottenere migliori risultati ambientali, aumentare la resilienza climatica e ridurre e ottimizzare l'uso dei fattori produttivi. Ulteriori innovazioni sono previste in ottica di economia circolare, con investimenti per la lavorazione, stoccaggio e confezionamento di prodotti alimentari, con l'obiettivo di migliorare la sostenibilità del processo produttivo, ridurre/eliminare la generazione di rifiuti e favorire il riutilizzo a fini energetici. Tali obiettivi sono particolarmente rilevanti nel processo di trasformazione dell’olio d’oliva, settore strategico per l’industria agroalimentare italiana, che negli ultimi anni ha affrontato un calo significativo.

Efficientamento energetico nelle abitazioni

Infine, la necessità di migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni richiederà forti investimenti in ristrutturazioni e nell’installazione di apparecchiature ad alte prestazioni ambientali. All’interno del PNIEC – Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima del 2019 – sono definiti gli obiettivi nazionali legati all’efficientamento energetico e le traiettorie in termini di energia da fonti rinnovabili, che è attesa passare dal 20% del 2020 al 34% del 2030. A guidare la crescita saranno le pompe di calore e il fotovoltaico. Considerati i più recenti sviluppi legati alla implementazione del Next Generation EU, del piano Fit for 55 e del RePower EU, è probabile una revisione al rialzo di tali obiettivi. In particolare, il piano Fit for 55 dovrebbe portare al 42% la quota di rinnovabili al 2030, mentre il RePower EU la spingerebbe fino al 52%, con una forte crescita in particolare per quanto riguarda l’energia solare. 

 


Verso un'economia circolare...

Un altro ambito di sviluppo legato alla transizione è quello legato all’economia circolare. Il concetto di economia circolare vuole contrastare il tradizionale modello economico lineare, fondato sul tipico schema “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”, che si basava sulla disponibilità di grandi quantità di materiali e energia facilmente reperibili e a basso prezzo. L’economia circolare è invece un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile. In questo modo si estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo: una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione infatti, i materiali di cui è composto vengono infatti reintrodotti, laddove possibile con il riciclo, al fine di poter essere continuamente riutilizzare all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore.

 

Piano d’Azione per l’Economia Circolare

Si tratta di un cambio di paradigma estremamente rilevante per le imprese. A livello UE, è stato definito un Piano d’Azione per l’Economia Circolare, con l'obiettivo di creare un quadro per prodotti e servizi sostenibili che riducano i rifiuti, aumentino l'efficienza delle risorse e favoriscano l’autonomia strategica per una determinata gamma di risorse. Il nucleo di questa iniziativa è quello di implementare la nuova Ecodesign Directive, proposta a marzo 2022. I principi dell’ecodesign si applicano a tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto, con l’intento di ridurne l’impatto ambientale complessivo: dall’approvvigionamento e impiego delle materie prime, che devono essere riutilizzabili, biodegradabili, riciclabili e non tossiche; alla loro lavorazione nel processo produttivo e alla distribuzione, che devono rispettare le direttive in termini di efficienza energetica (ridotto consumo energetico nella fasi produttive) e di ridotto impatto ambientale. Anche il consumo del prodotto e la possibilità di riutilizzo concorrono nel definirlo eco e sostenibile: il ciclo di vita del prodotto deve poter essere allungato il più possibile, attraverso il riciclo e/o il riutilizzo dei suoi componenti. In alternativa il prodotto dovrà risultare biodegradabile al 100%, in modo da rientrare completamente nel ciclo naturale. La nuova norma vuole estendere il campo di applicazione sulla progettazione ecocompatibile a tutti i prodotti fisici presenti sul mercato dell'UE, rappresentando un cambiamento epocale per l’industria.

Ecodesign: la metodologia LCA (Life Cycle Assessment)

L’ecodesign rappresenta la nuova frontiera del “design”: in futuro sarà impossibile progettare senza tenere conto del ciclo di vita completo dei prodotti. Grazie alla metodologia LCA (Life Cycle Assessment), potrà essere valutato l’intero ciclo di vita dei prodotti e come questi “interagiscono” con l’ambiente, comprendendo le fasi di preproduzione (origine dei materiali), produzione, distribuzione, uso e riuso, smaltimento finale. Si tratta di una procedura standardizzata a livello internazionale secondo le norme ISO 14040 e 14044. Alla base della logica LCA c’è l’ottica di sistema che consente di comprendere e gestire la complessità della filiera, a monte e a valle del processo di produzione. Vengono quindi individuate le criticità nell’intero ciclo di vita del prodotto, per ipotizzare soluzioni volte al risparmio e al recupero di energia e materiali.

La gestione dei rifiuti

L’Italia, all’interno del PNRR, ha previsto un piano per migliorare la gestione dei rifiuti e dell’economia circolare, rafforzando le infrastrutture per la raccolta differenziata, ammodernando o sviluppando nuovi impianti di trattamento rifiuti, e realizzando progetti altamente innovativi per filiere strategiche quali rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), industria della carta e del cartone, tessile, riciclo meccanico e chimica delle plastiche. Inoltre, tramite la riforma “Strategia nazionale per l'economia circolare” prevista nel PNRR, l’Italia ha definito l’introduzione delle logiche di ecodesign, nonché l’introduzione di una serie di altri strumenti, indicatori e sistemi di monitoraggio per valutare i progressi nel raggiungimento degli obiettivi prefissati.

I settori più interessati dalle evoluzioni in materia di economia circolare saranno l’elettronica, le batterie, i veicoli, gli imballaggi, la plastica, i prodotti tessili, l’edilizia e i prodotti alimentari; questo comporterà un nuovo insieme di sfide per le diverse filiere ma anche un’ampia gamma di opportunità. Opportunità rivolte all’utilizzo delle materie prime secondarie, ossia materie prime di riutilizzo, che permetteranno di abbassare i costi di approvvigionamento delle imprese. Saper perseguire gli obiettivi e le direttive legislative potrebbe consentire alle imprese virtuose di allargare le proprie opportunità.

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