Officine PNRR: Settore Alimentare & Bevande - Evoluzioni Post-Covid

cover_officine_pnrr_no_testo

 

 


 

 

Cosa è successo in questi anni?

Dall’analisi dell’evoluzione del fatturato si nota come l’industria alimentare e bevande non presenti particolari picchi di crescita o di declino. 

pag_12

Possiamo definire il settore alimentare e bevande come il settore aciclico per eccellenza, ovvero scollegato dagli alti e bassi del ciclo economico: la sua evoluzione è strettamente collegata a un bisogno incomprimibile, l'alimentazione. Si tratta di un settore che ha visto l'evoluzione dei suoi livelli di fatturato stabilizzarsi lungo il corso degli ultimi 10 anni.  

È un settore che può essere definito anche resiliente: sia nel 2009 che nel 2020, in corrispondenza di due anni particolarmente difficili per l'economia mondiale e nazionale, il settore ha accusato meno della manifattura queste fasi particolarmente difficili, mostrando la capacità di sostenere l'urto di fattori esogeni e limitare le perdite.  

Anche nella prima parte del 2022 l’industria italiana dell’alimentare e bevande ha confermato i buoni ritmi di crescita che già avevano caratterizzato l’anno precedente. Un’evoluzione decisamente positiva, trainata da condizioni di domanda ancora molto favorevoli, che ha consentito, almeno nella prima metà dell’anno, di arginare i venti contrari di uno scenario domestico ed internazionale ancora alle prese con gli strascichi della pandemia e con le tensioni geopolitiche ed economiche derivanti dallo scoppio del conflitto russo-ucraino. L’invasione dell’Ucraina e il conseguente shock energetico hanno infatti mutato in misura significativa il contesto operativo delle imprese del settore, esacerbando ulteriormente le tensioni sul fronte dei costi, già emerse l’anno precedente, e cambiando radicalmente le prospettive. Alla luce di questo contesto di domanda, nella media del 2022, stimiamo una crescita dei livelli di attività dello 0.4% per l’industria dell’alimentare e bevande, in deciso ripiegamento rispetto al 2021. 

Il profillo di crescita piuttosto moderato dell’industria italiana dell’alimentare e bevande nell’ultimo decennio è in larga parte ascrivibile alla debolezza del mercato interno, in particolare dei consumi alimentari delle famiglie. Molte imprese hanno così intrapreso la strada dei mercati esteri, facendo aumentare in misura significativa il livello di internazionalizzazione medio settoriale. 

I driver sottostanti la crescita del settore sono due: domanda interna e commercio estero. 

 

pag_13

La domanda interna, che vale circa quattro volte il commercio estero, include i consumi delle famiglie italiane e dei turisti stranieri, quindi i consumi nel cosiddetto canale Ho.Re.Ca (Hotel, ristoranti, catering). Il commercio estero include invece la quota di domanda soddisfatta dalle esportazioni. 

Nel corso degli ultimi 10 anni la domanda interna ha mostrato una debole dinamica fornendo un contributo negativo alla crescita dei livelli di attività settoriali.  

Molto più vivace è stata l’evoluzione delle esportazioni, cresciute in doppia cifra nel corso degli ultimi 10 anni e in constante e significativo aumento. L’andamento delle esportazioni ha aumentato la proiezione internazionale del settore: molte imprese, per sfuggire alla debolezza del mercato interno, hanno imboccato la strada dei mercati esteri e hanno portato complessivamente l’export italiano di alimentari e bevande a raggiungere il record degli ultimi anni. 

 

Le imprese meglio performanti del settore hanno rafforzato il canale estero..

Le imprese meglio performanti del settore hanno rafforzato il canale estero, sia aumentando il presidio nei tradizionali mercati di sbocco (Europa e USA) sia spingendosi nei mercati emergenti. Per sfruttare i margini di crescita in questi paesi le aziende più virtuose hanno spesso puntato sulla complementarità rispetto all'offerta locale, approfondendo i gusti locali e adattando opportunamente i prodotti offerti. In un contesto di commercio mondiale caratterizzato dalla presenza di numerose barriere commerciali (tariffarie e non tariffarie) e fortemente regolamentato, i player più strutturati hanno localizzato parte della produzione nei mercati a maggior potenziale anche mediante la creazione di joint venture con produttori locali. Non sono inoltre mancati casi virtuosi di aziende medio-piccole che facendo leva sul binomio prodotto-territorio hanno conquistato spazi rilevanti nel mercato nazionale, trovando posto anche negli scaffali della grande distribuzione. 

Sebbene ancora su livelli inferiori alla media dei principali competitor europei, la vocazione internazionale dell’industria alimentare e bevande italiana ha quindi compiuto negli ultimi anni uno scatto considerevole. Il fenomeno ha coinvolto un numero sempre più cospicuo di aziende esportatrici e contestualmente il valore medio delle esportazioni per impresa è aumentato.

La spirale inflazionistica sta limitando la capacità di spesa delle famiglie nei principali mercati di sbocco del Made in Italy alimentare, riducendo il potenziale dell’export. Così, dopo un primo semestre 2022 molto brillante (+10% in quantità, +21% in valore) le esportazioni sono attese in netto ripiegamento, anche alla luce dell’andamento degli ordini esteri che a settembre hanno toccato il punto di minimo degli ultimi due anni. A consuntivo del 2022, le vendite estere manterranno comunque un profilo abbondantemente positivo (+5.1% a prezzi costanti), ma decisamente ridimensionato rispetto all’anno precedente (+11.3%). 

 

Le famiglie hanno continuato a mostrare nei confronti dei consumi alimentari un orientamento al risparmio

Contestualmente, nel corso degli ultimi 10 anni, i consumi di alimentari e bevande delle famiglie hanno mostrato una dinamica poco brillante. Dal punto di vista strutturale, l’intrecciarsi dell’invecchiamento della popolazione e dell’affermarsi di nuovi stili di alimentazione, orientati a una crescente attenzione alla salute, ha portato, all’interno del paniere di spesa alimentare, una ricomposizione a favore dei segmenti merceologici con contenuto di servizio (quali i prodotti sostitutivi del pane, i piatti pronti, versatili e facili nell’utilizzo) e dei prodotti biologici e free form. Anche se in misura meno penalizzante rispetto alle fasi più acute delle passate crisi dei redditi, inoltre, le famiglie hanno continuato a mostrare nei confronti dei consumi alimentari un orientamento al risparmio, perseguito attraverso il contenimento delle spese superflue, la riduzione degli sprechi e la ricerca di soluzioni prodotto/marca/punto di vendita più economiche. Tale tendenza si è invertita nel corso della crisi sanitaria del 2020, durante la prima fase del lockdown, periodo in cui i consumi interni sono aumentati, anche per l’impossibilità di fare acquisti fuori casa. Il balzo positivo registrato nel 2020 ha consentito di ridurre il gap accumulato rispetto ai livelli 2008 dai 5 ai 2 due punti percentuali. Dopo la buona tenuta registrata nel 2021, favorita dal protrarsi dello smart working e dal consolidamento di nuove abitudini di consumo dentro casa (quale il food delivery), i consumi domestici di alimentari e bevande hanno sperimentato un calo, penalizzati dall’elevata inflazione e dalla ripresa dei consumi fuori casa. Al fine di fronteggiare gli incrementi di prezzo le famiglie hanno attuato strategie di ricomposizione del mix prodotto/marca/canale, spostandosi dal fresco al confezionato e verso la marca commerciale e il canale discount.   

Il canale Ho.Re.Ca, che veicola i consumi fuori casa, ha mostrato invece un trend di crescita negli ultimi anni, in linea con la maggiore propensione delle famiglie italiane verso la fruizione di beni e servizi legati al tempo libero, grazie anche al significativo incremento dei flussi turistici, collocandosi nel 2019 su livelli superiori di 6 punti percentuali rispetto a quelli del 2008. Tale trend di crescita è perdurato fino al 2020, anno in cui il canale Ho.Re.Ca ha subito un grande crollo; si è infatti aperta una voragine di circa 35 punti percentuali rispetto all'anno precedente, legata evidentemente alle chiusure imposte per limitare la diffusione del virus e al permanere di una certa diffidenza nel frequentare luoghi ad elevata densità di persone. Dopo la contenuta ripresa del 2021, nel 2022 il venire meno delle misure di contrasto della pandemia hanno sostenuto un significativo rimbalzo dei consumi fuori casa, ripartiti con slancio a partire dai mesi primaverili. L’orientamento delle famiglie a riprendere abitudini di spesa profondamente penalizzati durante la pandemia ha prevalso sull’effetto delle tensioni inflative e sull’incertezza.  

pag_16

Il ROI (Return On Investment) è un indicatore di redditività utile per misurare la capacità di un’impresa/ settore nel generare utili mediante la gestione caratteristica. Si ottiene rapportando il risultato operativo al totale del capitale investito, quantificando dunque quanto ha reso investire in un determinato settore o in una determinata azienda.  

Nel corso degli ultimi anni l'industria italiana dell’alimentare e bevande ha mostrato una redditività industriale in progressivo deterioramento, collocandosi su livelli leggermente inferiori a quelli medi del manifatturiero nel suo complesso. La crisi del Covid nel 2020 è costata al settore circa un punto di ROI, rispetto ai due con cui ha colpito l'industria nel suo complesso. 

 

Dopo un 2021 che ha lasciato il settore con i conti sostanzialmente in ordine, l’evoluzione del 2022 sta mettendo in discussione parte dei risultati acquisiti.

Lo scoppio della guerra russo-ucraina, il persistere di fenomeni di scarsità di materie prime, i prezzi dell’energia alle stelle e un’emergenza climatica sempre più percepibile hanno reso via via più difficile a molti degli operatori dell’industria alimentare traslare per intero sui prezzi di vendita gli aumenti subiti sul fronte dei costi, anche a fronte delle resistenze della GDO nel concedere ritocchi nei listini in una fase di calo delle quantità vendute. La debolezza della domanda, unitamente al permanere delle tensioni dal lato dei costi di approvvigionamento, sono stimati riflettersi in un calo dei margini operativi delle aziende del settore di circa un punto percentuale nel 2022. Una contrazione tra le più penalizzanti nel panorama del manifatturiero nazionale in ragione dell’incidenza dei costi per materie prime ed energia molto rilavante in alcune filiere e per rapporti di forza sbilanciati lungo le catene produttive-distributive.  Alla luce di queste dinamiche, il Roi medio settoriale è atteso collocarsi su livelli pari al 5.3%, in ripiegamento rispetto al 2021 e in ritardo di circa 1.5 punti rispetto al pre-Covid. 

 

 

 

Osserviamo i debiti e analizziamo i rischi...

Per misurare l’equilibrio finanziario delle imprese del settore alimentare e bevande è utile esaminare il Leverage, ovvero la leva finanziaria, che si ottiene rapportando i debiti contratti verso terzi al capitale proprio. Valori dell'indicatore inferiori all'unità segnalano una situazione di sostanziale equilibrio finanziario, per contro valori molto superiori all'unità indicano tensioni dal punto di vista finanziario. 

pag_17

Dal grafico, che mette a confronto il leverage dell'industria italiana dell’alimentare e bevande con quello del manifatturiero, vediamo come il Leverage del settore abbia evidenziato valori mediamente superiori al manifatturiero, collocandosi però sempre su livelli inferiori all'unità: si tratta di un settore che dal punto di vista finanziario non ha particolari problemi, come avviene mediamente per tutta la manifattura. 

Il progressivo ridimensionamento del Leverage nel corso degli anni riflette il miglioramento diffuso delle condizioni di accesso al credito dalla crisi del 2009 in poi.

Un altro elemento significativo è il rafforzamento patrimoniale delle imprese, che dalla crisi del 2009 in poi ha caratterizzato sia l'alimentare e bevande che il manifatturiero nel suo complesso, coinvolgendo soprattutto le piccole e medie imprese del settore. Il leverage continuerà a posizionarsi su livelli di minimo storico, grazie a una patrimonializzazione che si manterrà su livelli buoni.   

pag_18_A

pag_18_B

L’Alimentare e Bevande, settore aciclico per eccellenza, non ha registrato tra pre-Covid e Covid un decremento sostanziale del fatturato, che peraltro nel 2021 ha fatto registrare valori superiori al pre-Covid.  


Nel 2022 il settore Alimentare e Bevande sperimenterà una brusca frenata dei livelli di attività. Le fiammate inflazionistiche, esacerbate dello scoppio del conflitto russo-ucraino, oltre a mettere sotto pressione i costi delle imprese del settore, porteranno a un progressivo indebolimento dei consumi delle famiglie in Italia e nei principali mercati di sbocco del Made in Italy alimentare limitando la crescita del fatturato deflazionato settoriale.  

L’inflazione elevata, accentuata dal caro energia, non sembra destinata ad attenuarsi nel breve periodo e continuerà a condizionare la spesa delle famiglie. In un contesto di domanda debole e di costi operativi storicamente molto elevati, le pressioni sui margini si tradurranno inevitabilmente in un peggioramento degli indicatori di redditività.

Continua a leggere...

 

 
bottone_analisi_settore bottone_sfide_opportunita

 

 
SACE Education è molto altro
Se ti è piaciuto questo articolo non perdere l’opportunità di accedere a più contenuti formativi e sempre gratuiti.
Conoscenza e pianificazione sono i primi step per aumentare la propria competitività sul mercato.
Iscriviti all’area riservata per ricevere in anteprima le ultime news di SACE Education, seguire nuovi percorsi formativi personalizzati e scaricare report esclusivi.