Rapporto Export 15 giugno 2016

RE-action | Rapporto Export 2016-2019

Con RE-action, il Rapporto Export 2016-2019, anche quest’anno SACE offre a tutte le imprese una visione dei trend economici mondiali e gli strumenti adatti per intercettarli. In questa decima edizione SACE esplora il potenziale di un settore di punta delle nostre esportazioni: la meccanica strumentale, quel “Made in Italy” meno conosciuto, che invece rappresenta la prima voce dell’Italia nel mondo.

Con RE-action, il Rapporto Export 2016-2019, anche quest’anno SACE offre a tutte le imprese una visione dei trend economici mondiali e gli strumenti adatti per intercettarli. 

 

In questa decima edizione SACE esplora il potenziale di un settore di punta delle nostre esportazioni: la meccanica strumentale, quel “Made in Italy” meno conosciuto, che invece rappresenta la prima voce dell’Italia nel mondo.

 

"L'altro Made in Italy"

Il commercio internazionale di meccanica strumentale vale 1.600 miliardi di euro, un importo pari alle dimensioni dell’economia italiana.

 

80 miliardi sono macchinari italiani, il 5% di tutti i macchinari – un peso ben superiore a quello della nostra economia, che vale l’1,5-2% del Pil globale. Considerato il contenuto tecnologico di questi beni, i protagonisti sono soprattutto i Paesi avanzati – come Germania, Usa, Giappone e Italia – a eccezione della Cina, che ha saputo attrarre investimenti per diventare piattaforma e punto di assemblaggio mondiale, riducendo il divario rispetto ai leader.

 

 

I tratti distintivi delle imprese della meccanica strumentale sono l’elevata propensione all’export – che raggiunge più di tre quarti del fatturato – e la marcata concentrazione produttiva nel Nord Italia.

 

Come gran parte dell’economia italiana, anche questo settore soffre della “malattia nazionale” rappresentata dalla ridotta dimensione aziendale. Questo non impedisce ai nostri operatori di raggiungere buoni risultati sotto il profilo della produttività: con 242 mila euro a testa, il fatturato per addetto è tra i più alti d’Europa. 

 

Per mantenere uno sviluppo profittevole e sostenibile nel tempo le aziende del settore dovranno indirizzare gli sforzi lungo tre direttici:

 

  • crescita dimensionale (bigger), sui mercati internazionali la dimensione fa la differenza
  • internazionalizzazione spinta (wider), ampliando e diversificando le geografie di destinazione
  • innovazione (smarter), investendo nell’Industria 4.0, dall’ingegnerizzazione alla distribuzione dei prodotti.

 

Da 414 a 480 miliardi

L’export di beni italiani crescerà del 3,2% nel 2016. Sarà un ritmo più lento rispetto al 2015 (+3,8%) a causa delle dinamiche finanziarie e valutarie, del ciclo delle materie prime, del rallentamento degli emergenti, degli accresciuti rischi politici. Faremo meglio negli anni successivi (+3,8% nel 2017, +3,9% nel 2018), fino a superare il 4% nel 2019: dai 414 miliardi di euro del 2015 raggiungeremo i 480 miliardi nel 2019.

 

L'Investment Opportunity Index

Oltre alle destinazioni commerciali, quali sono i Paesi più attrattivi per gli investimenti delle imprese italiane? Quest’anno – attraverso il nuovo Investment Opportunity Index di SACE – abbiamo voluto dare alle aziende uno strumento in più, che consenta loro di selezionare le migliori geografie per eventuali investimenti: spiccano Stati Uniti, India, Regno Unito, Cina, Polonia, Vietnam, Filippine, Perú, Messico,Corea del Sud, Cile, Emirati Arabi Uniti, Spagna, Iran e Thailandia. Queste economie rappresentano oltre la metà della domanda mondiale: è necessario presidiarle anche per il loro ruolo di hub verso altri Paesi.

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