Sasso nello stagno 05 giugno 2018

Turchia: 10 miliardi di opportunità o di rischi?

Nelle ultime settimane la Turchia è stata investita da una “tempesta perfetta”, scatenata da temi politici che hanno fatto emergere alcuni punti di debolezza dell’economia turca. Questa “crisi lampo” potrebbe originare diversi scenari con impatti importanti per le aziende italiane esportatrici nel Paese.

Dieci miliardi di euro è il totale raggiunto dall’export italiano in Turchia nel 2017. Il flusso di vendite è aumentato del 9% rispetto al 2016 e i primi mesi del 2018 sembrano confermare questa ascesa, con un incremento del 6% nei primi due mesi di quest’anno1 in particolare per i beni di consumo (alimentari e bevande, abbigliamento) e beni di investimento e intermedi (macchinari, metalli, gomma e plastica).

 

Nelle ultime settimane il Paese è stato investito da una “tempesta perfetta”, scatenata da temi politici che hanno fatto emergere alcuni punti di debolezza dell’economia turca. Il recente annuncio del presidente Erdogan, di voler aumentare il controllo sulla politica monetaria se vincerà le elezioni di giugno, non è piaciuto ai mercati, che hanno reagito con un aumento della percezione del rischio sui titoli turchi e una rapida perdita di valore della lira turca e il peggioramento del rating da parte delle agenzie.

 

 

Lira turca, la volatilità continua

 

 

Questa “crisi lampo” potrebbe originare diversi scenari con impatti importanti per le aziende italiane esportatrici nel Paese. Se il voto del 24 giugno non dovesse garantire l’elezione di Erdogan già al primo turno, il prolungarsi dell’incertezza politica potrebbe innervosire nuovamente i mercati e innescare effetti avversi quali fuga di capitali e un ulteriore deprezzamento della lira. In particolare, la debolezza della moneta colpirebbe principalmente le aziende turche importatrici di materie prime o beni intermedi e quelle a elevato uso energetico (in particolare del settore manifatturiero) con un impatto negativo sulle aziende italiane esportatrici di beni intermedi e di investimento. Avrebbe inoltre un effetto negativo sulla capacità di ripagamento del debito in valuta delle aziende turche2. Un contesto di crisi economica colpirebbe anche i consumi privati, deprimendo la domanda di beni di consumo importati dall’Italia. Al contrario, il superamento dell’incertezza elettorale e il mantenimento di una politica economico-monetaria più ortodossa (in parte già avviata dalla Banca Centrale tramite l’aumento dei tassi) potrebbe rivelarsi efficace e il Paese potrebbe mantenere un’attività economica dinamica grazie a fattori strutturali quali la composizione demografica giovane e in aumento, ampie dimensioni dell’economia e la diversificazione delle attività produttive, con effetti benefici sulla domanda di import dall’Italia.

 

La scelta di controparti affidabili e la mitigazione dei rischi legati all’attuale situazione, anche attraverso strumenti di copertura assicurativa, sarà un elemento chiave per le aziende che esportano e investono in Turchia. Alla luce dell’attuale situazione, la scelta dei partner commerciali da parte delle aziende italiane deve essere guidata dalla capacità di queste ultime di poter sostenere gli effetti avversi della recente instabilità, ad esempio attraverso la disponibilità di valuta forte e la sostenibilità del proprio indebitamento in valuta locale per poter mitigare la volatilità della lira o la diversificazione del portafoglio verso clienti esteri per poter sopperire a cali della domanda interna. L’utilizzo di strumenti assicurativo-finanziari a mitigazione dei rischi-Paese costituisce un ulteriore fattore di tutela per gli esportatori.

 

 

1 Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (Istat).
2 Il debito privato totale in FX ammonta a circa 295 miliardi di dollari (Financial Times). 

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