Rapporto Export 27 maggio 2015

RE-start | Rapporto Export 2015-2018

Da Re-Think a Re-Start. Questo è il percorso che abbiamo seguito negli ultimi due anni. Dopo un ripensamento del nostro export in termini di strategie, mercati e prodotti, siamo ora pronti a cogliere i segnali di una ripresa attesa da tempo. Il Rapporto Export di quest’anno suggerisce due vie per rafforzare la presenza delle imprese italiane sui mercati internazionali: la valorizzazione della filiera agroalimentare– uno dei settori di punta del Made in Italy, che rappresenta circa il 10% del nostro export complessivo– e l’identificazione delle geografie più promettenti per i prodotti italiani, attraverso la messa a punto di un nuovo indicatore, l’Export Opportunity Index.

Restart

Executive summary

Dalla terra alla tavola: quattro passi nella filiera agroalimentare

La filiera agroalimentare muove a livello internazionale 1,1 trilioni di euro di scambi commerciali. Composta dai settori agricolo, alimentari e bevande e macchine agricole e per la trasformazione, è dominata da pochi Paesi. Sono soprattutto le nazioni avanzate – in particolare Usa, Germania, Francia e Olanda - a giocare da protagoniste, mentre i mercati emergenti rimangono in posizione più defilata. L’Italia rientra tra i primi quindici Paesi esportatori in tutti e quattro i settori della filiera, con una performance particolarmente brillante nell’export di macchinari, sia agricoli che di trasformazione, dove detiene una quota di mercato mondiale rispettivamente dell’8,4% e del 15,3%. Nonostante la posizione internazionale già forte, secondo le stime SACE sarebbe possibile incrementare l’export italiano in questi due comparti di ulteriori 2 miliardi di euro entro il 2018.

 

Nel settore agricolo scontiamo carenze strutturali difficilmente colmabili nel medio termine, ma è in quello alimentare, dove la nostra quota mondiale è del 4,7%, che abbiamo ancora un potenziale inespresso, nonostante la crescita robusta degli ultimi dieci anni (+79% rispetto a +47% dell’export italiano nel suo complesso). Le imprese alimentari che esportano sono meno del 12%, con un fatturato medio verso l’estero pari a circa un settimo delle loro vendite. Dieci prodotti, da soli, potrebbero garantire, se ben indirizzati su specifici mercati, un aumento delle esportazioni all’estero fino a 7 miliardi di euro entro il 2018.

 

È soprattutto in questo ambito che vanno convogliati gli sforzi per proiettare ancor di più l’Italia nell’arena internazionale. Ben vengano gli interventi che sostengano una promozione incisiva della filiera-Italia nel marketing oltreconfine, tutelino e valorizzino i marchi italiani, incoraggino il collegamento tra la produzione locale e le catene distributive internazionali, come previsto peraltro dal Piano Straordinario per l’Export avviato recentemente dal Ministero per lo Sviluppo Economico.

 

Occorre rafforzare l’utilizzo dei contratti di rete e facilitare l’emersione delle “economie di distretto” tra le imprese di piccole dimensioni e le medie aziende già proiettate sui mercati internazionali. Sia nelle geografie mature sia in quelle emergenti vale poi la pena chiedersi se paghino di più strategie di nicchia (alti margini, bassi volumi, ampia varietà di prodotto) o di massa (bassi margini, volumi elevati, prodotti e processi standardizzati).

 

Nonostante l’elevata specializzazione regionale delle nostre produzioni alimentari, cinque Regioni (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e Campania) rappresentano il 74% dell’export complessivo di questi beni. Sono queste, insieme a Trentino-Alto Adige, Toscana, che si giocano la vera partita internazionale.

 

Da Veneto e Piemonte proviene quasi la metà dell’export di vino; sempre il Piemonte, da solo, realizza oltre un quarto delle vendite di dolci e caffè, mentre la Toscana fa altrettanto nel comparto dell’olio d’oliva; la Campania fa la parte del leone nell’esportazione di conserve (oltre il 40% del totale).

 

Exportunity: da 0 a 100 il mondo in un indice

Pur riconoscendo che la crisi finanziaria del 2007 ha creato una discontinuità permanente sulla velocità di crescita della domanda globale, l’Europa e l’Italia sono di fronte, in questo momento, a una congiuntura favorevole.

 

Le nostre esportazioni di beni cresceranno del 3,9% nel 2015, un tasso doppio rispetto a quello dell’anno precedente. Il ritmo di crescita aumenterà ulteriormente nel triennio 2016-2018, attestandosi intorno al 5% nella sua parte finale. 

 

Un ruolo di primo piano spetterà ai prodotti dell’agricoltura e dell’industria alimentare, che cresceranno del 4,5% nel 2015, accelerando a 6,5%, in media, nel 2016-2018. Per i beni di consumo si prevede un recupero nel 2015 (+4%), con una crescita media annua del 5,3% fino al 2018. I beni di investimento, raggruppamento core dell’export italiano di beni, cresceranno moderatamente nell’anno in corso (+3,0%) per poi accelerare, anch’essi, negli anni seguenti, mentre i beni intermedi (+3,9% tra il 2016 e il 2018) progrediranno a ritmi più contenuti.

 

Le imprese che vanno all’estero hanno bisogno, oggi più che in passato, di una bussola che le guidi nei processi di internazionalizzazione, supportandole non solo nel riconoscere i rischi ma anche nell’identificare le opportunità. Con questo obiettivo è nato l’Export Opportunity Index di SACE, un nuovo indicatore che misura le potenzialità di un paese per l’export italiano, attraverso l’attribuzione di un punteggio compreso tra 0 e 100

 

Ben 39 destinazioni presentano un punteggio superiore a 65 e coprono il 73% dell’export della penisola. E’ nei mercati già presidiati, seppure non sempre con posizioni di preminenza, che risiede il maggior potenziale dell’export italiano.

Partendo dal Medio Oriente e proseguendo fino in Asia, tra le migliori destinazioni troviamo l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, l’Algeria, il Qatar, ma anche la Corea del Sud, la Cina, l’Indonesia e la Malesia. Anche l’export verso i partner più tradizionali riprenderà un buon ritmo, in particolare verso Stati Uniti, Regno Unito e Germania. 

Kenya, Senegal e Tanzania rimangono interessanti come mercati di frontiera e progressivamente potranno diventare le destinazioni commerciali future.

 

Nella selezione delle geografie bisognerà adottare un approccio granulare, identificando i driver in grado di trainare la domanda di prodotti italiani in ciascun mercato. Cresceranno le esportazioni di mezzi di trasporto e componentistica in Canada (+8,5% medio tra il 2015 e il 2018), la meccanica strumentale in Algeria ed Egitto (+6,5%) e in Tunisia (+7,3%), in particolare per le macchine agricole, solo per fare alcuni esempi.

 

L’export è un fattore di crescita di primaria importanza per l’Italia e il suo contributo è stato decisivo in anni difficili come quelli appena trascorsi. I segnali di ripresa a cui stiamo assistendo e il positivo contesto internazionale mostrano che siamo pronti a ripartire, potendo far leva sulla competitività e grazie a un’attenta selezione dei mercati. Una maggiore internazionalizzazione è necessaria e raggiungerla è una sfida possibile.

 

Di seguito il Rapporto Export completo

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