Focus On 12 marzo 2013

Focus On: elezioni in Kenia

Un risultato inatteso nelle elezioni che tutti aspettavano

Il 4 marzo il Kenia si è presentato alle urne. Dopo un lungo e difficoltoso scrutinio dei voti, la Commissione Elettorale ha dichiarato Uhuru Kenyatta nuovo presidente del paese. Le consultazioni si sono svolte in maniera pacifica, ma la stabilità politica rimane ora soggetta a due principali incognite: l’annunciato ricorso alla Corte Suprema da parte del perdente Odinga e l’avvio a L’Aia del processo al neo-presidente Kenyatta per crimini contro l’umanità. Nodi da sciogliere al più presto, per evitare il ripetersi dei sanguinosi scontri seguiti alle elezioni di dicembre 2007 e dare nuovo slancio ad una delle economie più dinamiche in Africa Sub-Sahariana.

Un risultato inatteso nelle elezioni che tutti aspettavano

4 marzo, il Kenia al centro della scena internazionale. La scorsa settimana i kenioti sono stati chiamati alle urne per scegliere un nuovo presidente della repubblica, rinnovare l’assemblea nazionale e il senato e, per la prima volta, nominare i governatori e i membri delle assemblee di 47 contee. Queste elezioni erano attese dall’intera comunità internazionale, perché si trattava del primo appuntamento dalle consultazioni del dicembre 2007, quando la contestata vittoria del presidente Kibaki innescò gravi violenze che causarono, in meno di due mesi, 1.300 vittime e oltre 650.000 sfollati. Le ripercussioni sull’economia keniota furono altrettanto devastanti (la crescita del PIL si ridusse dal 7% nel 2007 al 1,5% nel 2008 e rimase intorno al 2,7% nel 2009), a causa del prolungato impatto dei disordini sull’attività economica interna e soprattutto sul turismo, sugli investimenti esteri e sulla percezione internazionale riguardo alla stabilità politica del Kenia.

Elezioni pacifiche, nonostante uno scrutinio durato cinque giorni. L’intero processo elettorale si è svolto questa volta senza incidenti, se si escludono alcuni scontri avvenuti poco prima dell’apertura delle urne e circoscritti nelle città di Mombasa, sulla costa meridionale, e di Garissa, al confine con la Somalia. L’affluenza alle urne ha toccato livelli record, censendo circa l’86% dei 14,3 milioni di kenioti registrati al voto. La Commissione Elettorale Indipendente (IEBC - Indipendent Electoral and Boundaries Commission) ha tuttavia tardato cinque giorni nel diramare i risultati ufficiali: il malfunzionamento del sistema elettronico di trasmissione dei dati ha costretto al conteggio manuale dei voti, prolungando l’intero processo e aumentando le probabilità (e i timori) di errori.

Esito inatteso. In linea con le previsioni, le scelte degli elettori kenioti hanno riflesso le divisioni tribali e si sono concentrate per il 94% su due (degli otto) candidati alla presidenza: da una parte, il primo ministro Raila Odinga (appartenente all’etnia dei Luo), a capo della Coalition for Reform and Democracy; dall’altra, il vice primo ministro Uhuru Kenyatta (un Kikuyu, l’etnia maggioritaria in Kenia), con la Jubilee Alliance. A sorprendere è stato tuttavia l’esito: Kenyatta ha ottenuto il 50,07% delle preferenze, mentre Odinga si è fermato al 43,31%. Il superamento già al primo turno della soglia del 50%+1 dei voti ha reso superfluo il ricorso al ballottaggio: Uhuru Kenyatta è così il quarto presidente nella storia del paese, ripercorrendo le orme di suo padre Jomo Kenyatta, primo presidente del Kenia, al potere dal 1964 al 1978.

L’annuncio del ricorso. Lo sconfitto Odinga ha tuttavia lamentato presunte irregolarità nelle procedure di spoglio dei voti, anche a fronte del ridotto scarto (circa 8.400 voti) con cui Kenyatta ha superato la soglia del 50% ed evitato il ballottaggio. Secondo quanto stabilito dalla nuova costituzione, Odinga ha una settimana di tempo per presentare ricorso alla Corte Suprema che, a sua volta, è chiamata a pronunciarsi entro due settimane, eventualmente accordando un riconteggio dei voti o indicendo nuove elezioni.

Il plauso (parziale) della comunità internazionale. La trasparenza e il pacifico svolgimento delle elezioni sono stati accolti con entusiasmo da Stati Uniti e Unione Europea. Tuttavia le congratulazioni delle cancellerie occidentali hanno riguardato il popolo keniota in generale, evitando di fare esplicito riferimento al vincitore Kenyatta. Nei prossimi mesi è infatti prevista l’apertura del processo presso la Corte de L’Aia, in cui saranno giudicate alcune personalità di spicco in Kenia, tra cui il neopresidente Kenyatta e il suo alleato e vicepresidente William Ruto, entrambi accusati di crimini contro l’umanità per un presunto coinvolgimento nelle violenze post elettorali del 2007-08. Già nelle settimane precedenti il voto, erano emerse speculazioni circa le difficoltà nell’intrattenere rapporti diplomatici con un presidente indagato dalla Corte, come evidente nel caso del presidente sudanese Omar al-Bashir. Kenyatta e i suoi alleati si sono dichiarati estranei alle accuse e pronti a collaborare con il Tribunale, chiedendo nel contempo il rispetto della sovranità nazionale e della scelta democratica del popolo keniota.

 

Elezioni pacifiche per un rilancio economico

Oltre le elezioni, l’economia. Se le tensioni post-elettorali saranno gestite positivamente, l’agenda del nuovo governo si concentrerà principalmente sull’economia nazionale, con l’obiettivo di consolidare i progressi registrati negli ultimi anni. Il Kenia è una delle economie più dinamiche dell’Africa Sub-Sahariana e riveste un ruolo di leadership economica e politica nella East African Community. Nel 2013 la crescita del PIL keniota è stimata in rafforzamento (5,6% yoy, in ulteriore ripresa al 6,4% nel 2014), confermando la tendenza positiva degli ultimi anni (5,1% medio annuo nel periodo 2010-12). La crescita si è unita ad un quadro macroeconomico più equilibrato, grazie anche all’assistenza finanziaria e tecnica offerta dal Fondo Monetario Internazionale nell’ambito della Extended Credit Facility triennale da USD 750 milioni sottoscritta a gennaio 2011. Ad esempio, il tasso di inflazione si è ridotto, passando dal 14% medio annuo del 2011 al 10% del 2012, in ulteriore calo al 6% per l’anno in corso. La performance economica è legata anche al positivo contribuito del settore del turismo, terza fonte di valuta estera (dopo le rimesse degli emigrati e le esportazioni di tè), e delle
telecomunicazioni: un keniota su due ha accesso a internet e la Banca Mondiale stima che, dal 2000 a oggi, il comparto mobile ha contribuito per l’1% annuo alla crescita del PIL.

Il traino delle banche. Il sistema bancario keniota è il quarto più sviluppato dell’area Sub-Sahariana e i suoi istituti sono presenti nei paesi limitrofi con proprie filiali. In Kenia operano 43 banche, di cui 13 di proprietà straniera: i primi 6 istituti detengono circa la metà del mercato, mentre il resto è disperso tra istituti minori. La Banca Centrale esercita un’efficace funzione di indirizzo e controllo, nella nomina dei management, nel controllo di dati e informazioni richiesti su base settimanale e mensile, nelle periodiche revisioni on site. Il mercato interbancario è molto attivo e il sistema presenta in generale buoni indici di redditività e di qualità del capitale; la percentuale di non performing loan sul totale dei prestiti è scesa negli ultimi anni dal 20% al 4-5%. Ciò si è accompagnato a un maggiore accesso al credito della popolazione keniota, favorito dalla diffusione del mobile banking: ad oggi un terzo del PIL circola su M-Pesa, il sistema di trasferimento di denaro via cellulare lanciato dalla società telefonica Safaricom.

Prosegue l’impegno del governo per lo sviluppo infrastrutturale. Il settore delle costruzioni e delle infrastrutture trarrà impulso dall’attivo coinvolgimento pubblico nei comparti dell’edilizia abitativa e dell’ammodernamento del sistema dei trasporti (ad esempio strade, aeroporti e porti). L’esecutivo è inoltre concentrato a diminuire la dipendenza energetica dall’estero, annunciando di recente diversi piani di sviluppo come il programma di investimenti triennale da USD 1,4 miliardi per un nuovo impianto di energia geotermica, con l’obiettivo di produrre 5 GW entro il 2030. La recente scoperta di giacimenti petroliferi off-shore nel nord-ovest del paese, oltre ad aprire interessanti prospettive per la diversificazione dell’economia e per la bilancia commerciale, potrà garantire risorse aggiuntive per migliorare lo stato delle infrastrutture nel paese.

Permangono tuttavia alcune vulnerabilità strutturali. Come spesso accade per i paesi africani, restano da sciogliere diverse criticità che frenano il pieno sviluppo. In particolare, l’economia keniota resta vulnerabile alle oscillazioni nei prezzi delle commodity sui mercati internazionali a causa della dipendenza dalle importazioni di alimentari e petrolio. Da considerare poi l’impatto delle mutevoli condizioni climatiche sulla performance del settore agricolo (che contribuisce per il 24% al PIL) e delle fonti idroelettriche nella generazione di energia.

Lacune nel contesto operativo. Il sistema legale keniota è basato sul diritto di common law anglosassone ed è tra i più sviluppati e indipendenti della regione. Il funzionamento dell’apparato burocratico, tuttavia, è farraginoso e affetto da diffusa corruzione (il Kenya è al 139° posto su 185 paesi nella classifica del Corruption Perception Index stilata da Transparency International). Nonostante i recenti progressi, lo stato delle infrastrutture rappresenta ancora un freno al pieno potenziale di sviluppo dell’economia keniota. Dei 147.000 km di strade, solo 8.900 km sono asfaltati, un livello inadeguato al marcato aumento dei veicoli circolanti nel paese. Il porto di Mombasa, che funge anche da hub regionale e da unico sbocco al mare per i paesi landlocked come Sud Sudan e Uganda, rappresenta un classico “collo di bottiglia” logistico e richiede massicci investimenti per rispondere al crescente traffico nazionale e regionale.

 

La presenza italiana in Kenia

Interscambio commerciale tra Italia e Kenia. Nei primi undici mesi del 2012 (ultimi dati disponibili), il Kenia si classifica come il 7° mercato di sbocco dell’export italiano e il 16° paese di im port in Africa Sub-Sahariana. Rispetto allo stesso periodo del 2011, le esportazioni italiane in Kenia hanno mostrato un aumento del 26%, attestandosi a EUR 145,2 milioni, sostenute in particolare dai prodotti della meccanica strumentale, seguiti da quelli alimentari e della chimica. In aumento del 6% le importazioni italiane dal Kenia, pari a EUR 74,5 milioni, costituite principalmente da prodotti tessili, alimentari e minerari.

Investimenti diretti esteri. La presenza degli investitori italiani in Kenia ha registrato un progressivo incremento negli ultimi anni, grazie all’apertura di uffici di rappresentanza di grandi gruppi come Pirelli, Finmeccanica, Fiat e Maltauro. Anche l’ENI rafforzerà il suo ruolo nel paese, a seguito della recente concessione di una licenza per la prospezione e l’esplorazione di giacimenti petroliferi al largo della costa settentrionale. Altri operatori italiani sono presenti nei settori del turismo (in particolare nella zona costiera di Malindi), dell’agricoltura, della lavorazione del legno, dell’energia alternativa. Nel 1996 è stato firmato l’Accordo per la Promozione e Protezione degli investimenti, in vigore da agosto 1999.

 

SACE in Kenia


La partnership con ATI.
Per incrementare e rafforzare la propria attività nella regione Sub-Sahariana, SACE ha acquisito nel 2009 una quota azionaria di USD 10 mln in African Trade Insurance (ATI). La partnership SACE e ATI crea una efficace piattaforma di condivisione dei rischi. SACE può beneficiare dell’esteso network di ATI in Africa e del suo status di Preferential Creditor nei paesi membri. ATI può operare nei soli paesi membri dell’organizzazione, che ad oggi sono 10: Benin, Burundi, Congo Rep. Dem., Kenia, Madagascar, Malawi, Ruanda, Tanzania, Uganda, Zambia.

Il secondment SACE a Nairobi. Da febbraio 2011, SACE ha avviato un programma di secondment presso ATI a Nairobi, distaccando inizialmente Riccardo Fanelli, ora a capo dell’Ufficio SACE di Johannesburg, e da aprile 2012 Vieri Velardi.

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