Sasso nello stagno 28 marzo 2017

Brexit. Alla ricerca di un nuovo equilibrio

Il Regno Unito invocherà domani l’articolo 50: cominciano i negoziati per stabilire i termini della separazione. Al termine delle trattative Londra non farà più parte del mercato unico e, se non dovesse essere raggiunto un accordo che regoli gli scambi con l’Unione europea, varranno le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio. Quest’ultime implicano l’applicazione di dazi e l’allungamento dei tempi di sdoganamento che peseranno sui 22 miliardi di euro di prodotti italiani esportati nel Paese. Quale futuro ci attende?
Il Regno Unito invocherà domani l’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea (introdotto dal Trattato di Lisbona): cominciano i negoziati per stabilire i termini della separazione, nove mesi dopo il risultato del referendum. I negoziati possono durare fino a due anni, ma le parti hanno la possibilità di prolungare i tempi. Tra i punti chiave da trattare ci sono il reciproco riconoscimento dei diritti dei cittadini che hanno preso la residenza all’estero, il contributo che Londra deve garantire al budget dell’Unione per gli impegni presi prima dell’”attivazione” dell’articolo 50 (stimati intorno a 60 miliardi di euro) e il confine tra Irlanda e Irlanda del Nord.

Al termine delle trattative Londra non farà più parte del mercato unico. Se non dovesse essere raggiunto un accordo con l’Unione europea, varranno le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Quali sono i dazi attualmente in vigore nei 28 Paesi che potrebbero essere adottati dal Regno Unito nel caso operi secondo le regole dell’OMC? Un’imposta media del 5% per i prodotti dell’industria (che però raggiunge il 10% per le automobili) e del 15% per i prodotti agricoli. Ai dazi si aggiungeranno anche nuove barriere non tariffarie che causeranno tempi più lunghi di sdoganamento. Londra probabilmente cercherà un trattato di libero scambio: permette di mantenere il controllo dell’immigrazione e al contempo eliminare gli ostacoli ai servizi.

Quanto sono rilevanti gli scambi tra Londra e il resto dell’Unione? L’import dall’Unione europea equivale al 50,5% del totale 2016 ed è risultato in contrazione del 4% rispetto all’anno precedente (-5,9% il dato degli ultimi sei mesi dell’anno), anche a causa del deprezzamento della sterlina rispetto all’euro. La domanda europea conta invece leggermente meno della metà (il 47,5%) del totale beni esportati dalla Gran Bretagna e dall’Irlanda del Nord. La bilancia commerciale tra i due Paesi è ampiamente favorevole all’Italia (figura 1). I prodotti italiani più domandati sono mezzi di trasporto, macchinari, abbigliamento e alimentari e bevande. Da luglio a dicembre dell’anno scorso le esportazioni italiane si sono contratte dello 0,5%, bilanciando il risultato positivo dei primi sei mesi e portando il dato complessivo dell’anno a +0,5%.

 

Regno Unito: export e import (2016, miliardi di euro)

 

Come nel dramma pirandelliano “Non si sa come” Romeo Daddi commette un delitto e tradisce senza una piena consapevolezza delle sue azioni, così gli inglesi votano e poi cercano su Google cosa implichi fare parte dell’UE. Speriamo che almeno Theresa May abbia una visione più ampia e una strategia definita. Quale futuro attende Londra e l’Unione europea?

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