Sasso nello stagno 22 ottobre 2019

Bolivia: Evo atto IV, cambiare per non morire

Domenica si è votato in Bolivia: Evo Morales è stato confermato per la quarta volta presidente ma è chiamato a fare i conti con un Paese e un subcontinente che sono cambiati
Il 20 ottobre gli elettori boliviani hanno confermato per la quarta volta Evo Morales ma la vittoria di stretto margine, contestata dalle opposizioni e vista con sospetto dall’estero, impone un cambio di passo al governo. 
Dall’ascesa al potere del primo presidente indigeno nella storia boliviana, risalente al lontano 2005, il Paese, il più povero del subcontinente americano, ha evidenziato tassi di crescita medi annui del 4,9%
e le condizioni di vita sono migliorate sensibilmente: il reddito pro-capite è passato dai 4.387 dollari del 2006 ai 7.859 del 2018 e la percentuale di popolazione in povertà relativa si è ridotta dal 59,9% del 2006 al 36,4% nel 2017.
 

L’economia andina rimane comunque fortemente dipendente dall’export di materie prime poiché idrocarburi (gas naturale e petrolio) e prodotti minerari (oro, zinco, argento, litio e manganese) constano per l’80% del totale. L’inversione nei prezzi delle commodity a partire dal 2014 è stata efficacemente contrastata dal governo con manovre anticicliche di spesa in parte per importanti progetti infrastrutturali ma in parte volte all’aumento della spesa corrente. Il tasso di cambio sostanzialmente fisso, in essere dal 2011, tra la valuta locale e il dollaro ha determinato la progressiva sopravvalutazione del boliviano con perdita di competitività dei prodotti nazionali e depauperamento delle riserve in valuta forte. Il costo delle politiche economiche espansive a forte trazione pubblica è stata la formazione di significativi deficit “gemelli” (fiscale e verso l’estero), con un debito pubblico che ha superato il 50% del Pil già dal 2017 ed è destinato a crescere ancora (Fig. 1). Morales dovrà dimostrare di essere in grado di non mettere a repentaglio i risultati conseguiti, nella consapevolezza che i primi ad avere in parte voltato le spalle al più longevo presidente della storia boliviana sono stati gli esponenti di quella nuova “classe media” a rischio di arretramento.

Figura 1. Dinamica dei saldi fiscali e di parte corrente (% del Pil, scala dx) e debito pubblico/Pil (%)

 

 Fo Bolivia 

 

Fonte: elaborazione SACE SIMEST su dati FMI

 

Anche in politica estera la situazione è più complessa rispetto alle elezioni presidenziali del 2014 perché il Movimiento al Socialismo non gode più dei tradizionali ancoraggi del passato: Venezuela, Cuba e Nicaragua sono stretti nella morsa tra crisi economica e sanzioni internazionali e la “marea rosa” che aveva investito il Sud America nei primi quindici anni del XXI secolo sembra in ritirata; per il piccolo Paese andino appare urgente trovare nuove sponde politiche. 
Il miglioramento delle relazioni esterne e del doing business sono essenziali per l’attrazione dei capitali esteri per sfruttare l’ampio potenziale dell’economia boliviana, relativo in primis all’estrazione e lavorazione del litio (il Paese è considerato il primo per riserve a livello mondiale) la cui domanda è prevista in forte aumento nei prossimi anni. In generale è necessaria in quasi tutti i settori la creazione di un’industria di trasformazione che potrebbe giovarsi anche del basso costo della manodopera locale: l’entrata a pieno titolo del Paese nel Mercosur, che ha da poco firmato un accordo di libero scambio con l’UE, potrebbe potenzialmente inserire il Paese all’interno delle catene regionali del valore in fieri.   

 
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