Certificazioni e bilancio di sostenibilità: le nuove leve competitive del business

La sostenibilità è un elemento sempre più rilevante per la competitività internazionale delle aziende. In questo articolo affronteremo le ragioni che hanno spinto le imprese ad accrescere la propria consapevolezza in merito alla centralità e rilevanza di una gestione manageriale più sostenibile. Parleremo anche di: 

  • Vantaggi e rischi della sostenibilità;
  • Certificazioni di sostenibilità;
  • Bilancio di sostenibilità;

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La sostenibilità è un elemento sempre più rilevante per la competitività internazionale delle imprese. Sostenibilità e competitività, infatti, costituiscono due dimensioni che non solo stanno convergendo, ma che generano valore nel momento in cui si integrano, tanto che, affrontare i temi legati alla sostenibilità oggi è concepito come un vero e proprio fattore abilitante per il business. 

Il significato di sostenibilità è cambiato nel tempo, passando dall’indicare preoccupazioni di carattere ecologico-ambientale, ad inglobare anche questioni di tipo etico e sociale. Oggi, col termine “Sustainability” ci si riferisce quindi alle metriche non finanziarie altrimenti dette ESG - acronimo di Environmental, Social, Governance - che misurano l'impatto che le imprese creano sull'ambiente e sulle comunità in cui operano, incluso quello dei loro prodotti e servizi lungo tutta la catena del valore.

Le ragioni che hanno spinto le imprese ad accrescere la propria consapevolezza in merito alla centralità e rilevanza di una gestione più sostenibile sono molteplici. In generale, si può dire che la spinta maggiore sia arrivata sicuramente  dalle richieste degli stakeholder con cui queste si interfacciano: in primis, i consumatori (in particolare le nuove generazioni) ormai maggiormente attenti alle questioni legate alla sostenibilità e persino disposti a pagare di più per i prodotti sostenibili; gli investitori, che sono sempre più sensibili ai temi della sostenibilità e cercano aziende con buone prestazioni in settori ambientali, sociali e di governance perché le ritengono più affidabili e resilienti; le istituzioni governative e finanziarie che, grazie alla spinta della Cop21 di Parigi e degli Accordi sul clima, hanno introdotto nuovi strumenti di finanziamento social e green, la cui emissione è legata a progetti che hanno un impatto positivo per l’ambiente e/o progetti sociali.

Aderire a pratiche sostenibili, dunque, porta con sé il vantaggio di rispondere alle esigenze di queste importanti categorie con cui le imprese interagiscono, garantendo una migliore brand reputation e una maggiore credibilità. Senza contare, inoltre, che mostrare commitment verso pratiche sostenibili fornisce alle imprese anche un canale di accesso preferenziale a nuovi mercati, nazionali e internazionali. 

A causa del successo riscosso dalla sostenibilità, nonché dai vantaggi che quest’ultima genera per le aziende, il rischio di greenwashing è incrementato vertiginosamente. Si tratta di una strategia comunicativa aziendale volta a costruire un’immagine ingannevole positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale e sociale. Come fare, dunque, a comunicare il proprio impegno verso la sostenibilità senza incorrere in questa pratica?  

La chiave è la sicuramente la trasparenza: le aziende hanno bisogno di avvalersi di prove scientifiche e inconfutabili, come le certificazioni di sostenibilità ed il bilancio di sostenibilità, con le quali mettere nero su bianco quello che è il proprio impegno in materia di sostenibilità.

 


Le certificazioni di sostenibilità

Le certificazioni di sostenibilità sono uno strumento importante per dimostrare il proprio impegno in materia di sostenibilità. Queste certificazioni, infatti, vengono rilasciate da enti terzi indipendenti e attestano che l'azienda ha adottato un sistema di gestione sostenibile conforme a determinati standard internazionali.

In questo modo l’impresa può mostrare il proprio impegno agli stakeholder, e soprattutto trasmettere una comunicazione chiara, trasparente, facilmente comprensibile e basata su modelli standardizzati e normati a livello internazionale. 

Questa motivazione, insieme al fatto che spesso l’attivazione di programmi nazionali di incentivazione, iniziative territoriali o di settori specifici avviene sulla base del possesso delle certificazioni di sostenibilità, oppure l’inserimento delle stesse come criterio premiante per l’aggiudicazione di appalti pubblici o privati, spiega perché, negli ultimi anni, sia costantemente cresciuto il numero di imprese che, volontariamente, decide di dotarsene. 

Si tratta, insomma, di una “patente di credibilità” che rappresenta un indice di buona reputazione in grado di assicurare un importante vantaggio competitivo su diversi fronti.  

Il percorso per accedere a questo vantaggio, però, non è affatto banale, non solo perché presuppone l’adozione di comportamenti coerenti con precisi standard di natura ambientale, sociale ed economica, ma perché la parte più difficile per le imprese comincia già dal comprendere quale strumento, tra i moltissimi esistenti, sia il più coerente con il proprio business e le proprie esigenze.

Non esiste, infatti, uno standard unico per misurare le performance di sostenibilità di un’azienda a livello sia di processi che di prodotto, ma esistono una molteplicità di certificazioni e attestazioni aziendali, etichette, certificazioni e attestazioni di prodotto, ognuna delle quali si concentra su un particolare aspetto. Tra gli standard, si possono citare, per esempio, la ISO 9001 per la Qualità, la ISO 14001 per l’Ambiente, la ISO 50001 per l’Energia, la SA8000 per la Responsabilità Sociale applicata ai luoghi di lavoro

Il primo scoglio, dunque, è rappresentato dalla scelta dello standard più adatto alle proprie esigenze e al proprio settore di attività. Dopodiché, per ottenere una certificazione di sostenibilità, occorre seguire un processo di valutazione che può variare a seconda dello standard di certificazione scelto. In generale, il processo prevede la raccolta di dati e informazioni sull'azienda, la valutazione di questi dati da parte di un ente certificatore e, infine, l'emissione della certificazione.

Il processo può essere a volte anche lungo e macchinoso, ma il gioco può sicuramente valere la candela. 


Il bilancio di sostenibilità 

Il bilancio o report di sostenibilità costituisce un altro importante strumento di comunicazione. Il rapporto, infatti, offre l’occasione di raccogliere in un unico documento, di carattere non finanziario, la valutazione dell’impatto economico, sociale e ambientale dell’impresa.

Attualmente, la sua redazione è obbligatoria solo per le aziende europee di interesse pubblico con almeno 500 dipendenti. Tuttavia, con l’entrata in vigore della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) il 5 gennaio 2023, l’obbligo di rendicontazione verrà progressivamente esteso ad un sempre maggior numero di imprese.

Nello specifico, la CSRD prevede un arco temporale di quattro anni per essere implementata:
  • dal 1° gennaio 2024 l’obbligo riguarda le società e gli enti di interesse pubblico con oltre 500 dipendenti (già soggetti alla precedente normativa);
  • dal 1° gennaio 2025 l’obbligo si estenderà alle grandi imprese con forma giuridica europea con più di 250 dipendenti e/o con 40 milioni di euro di fatturato e/o 20 milioni di euro di totale attivo;
  • dal 1° gennaio 2026 verranno incluse le PMI quotate in borsa;
  • dal 1° gennaio 2028 l’obbligo sarà esteso anche alle imprese extra-UE con un fatturato netto di più di 150 milioni all’interno dell’UE. 
Entro il 30 giugno 2024 la Commissione Europea integrerà alla direttiva CSRD i principi di rendicontazione di sostenibilità anche per le piccole e medie imprese, definendo così le regole di reportistica non finanziaria.

Al di là degli aspetti formali, il rapporto di sostenibilità si sta diffondendo a livello di mercato per i numerosi vantaggi che offre alle imprese, tra cui: dialogare con gli enti finanziatori, offrendo maggiori garanzie di trasparenza e affidabilità; garantire una relazione chiara con i collaboratori che hanno la possibilità di conoscere e condividere gli obiettivi e l’impegno dell’azienda; rafforzare la fedeltà del consumatore che può così apprendere la provenienza delle materie prime e l’impatto dei processi di produzione. 

Un corretto allestimento del rapporto di sostenibilità, oltre alla trasparenza delle informazioni, richiede l’utilizzo di indicatori, vale a dire dati numerici in grado di rappresentare concretamente gli obiettivi raggiunti dall’impresa attraverso l’adozione di buone pratiche. Ognuno degli obiettivi individuati nella fase iniziale, deve trovare e riportare indicatori numerici e misurabili delle performance ottenute nel tempo. Ad esempio, per la dimensione ambientale, tali obiettivi possono riguardare le emissioni di CO2, la quantità di rifiuti prodotta e il consumo idrico. Nell’ambito della governance, si può indicare il numero di brevetti depositati nel periodo di rendicontazione o il grado di soddisfazione dei clienti. Mentre sono esempi di indicatori di sostenibilità sociale il tasso di turnover dei collaboratori o il numero di ore di formazione erogate.

Il rapporto di sostenibilità ideale segue alcune linee guida di reporting, che lo rendono credibile e confrontabile con quello di altre aziende. Anche se non esiste un modello unico da seguire, oggi il parametro maggiormente utilizzato dalle aziende nella reportistica internazionale sono le linee guida del Global Reporting Initiative (GRI), un’associazione senza scopo di lucro creata a Boston nel 1997 con lo scopo di offrire uno strumento utile per la rendicontazione della performance sostenibile di organizzazioni di qualunque dimensione, settore e Paese del mondo.

Nel corso del 2024 entreranno in vigore anche gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) che coinvolgeranno tutte le aziende che sono soggette alla direttiva CSRD. Questi definiranno gli standard di rendicontazione condivisi e comparabili per tutti gli Stati membri. I nuovi standard sono allineati alle varie normative europee e ai principali organi internazionali (come il GRI, appunto), stabilendo linee guida sui temi e gli indicatori che le aziende devono includere nei rapporti di sostenibilità. Gli ESRS introducono anche il concetto di doppia materialità, espandendo il perimetro di reporting di un'azienda a tutta la sua catena del valore, con un impatto significativo sulla portata, sul volume e sulla precisione delle informazioni da divulgare.

Certificazioni e report di sostenibilità, quindi, sono due facce della stessa medaglia: promuovono buone pratiche, uniformano i valori, la missione e la visione aziendale, solidificano i processi e creano trasparenza, col fine ultimo di creare valore nel lungo periodo sia per le imprese, sia per tutti i soggetti coinvolti nel contesto in cui l’azienda opera. Dotarsene significa essere sicuri del proprio operato e dell’attività aziendale, dimostrandosi responsabili e consapevoli del proprio ruolo nella società. Questi documenti dunque non devono essere considerati come un’incombenza, bensì come un’opportunità strategica da sfruttare al meglio.

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