Articoli 11 dicembre 2015

LA FINANZA SI TRASFORMA

Una sfida titanica, partita con la crisi finanziaria del 2008, che unisce finanza e tecnologia.

“Fintech” è la parolina magica, dietro la quale si nasconde un universo in continua evoluzione. Innovatori e imprenditori stanno cambiando un settore che storicamente è stato considerato come inefficiente e inflessibile; dietro, a dar loro man forte, c’è uno stuolo di investitori che segue da vicino ogni sviluppo del settore.

I numeri parlano di un boom degli investimenti in Fintech. Secondo il report Accenture The Future of Fintech and Banking, gli investimenti in start-up che operano nel settore sono triplicati tra il 2013 e il 2014, passando da 4 miliardi a 12 miliardi di dollari con una crescita del 200% a livello globale nel 2014 (rispetto a una crescita media di tutti gli altri investimenti del 63%) e attestando l’Europa come la zona con la crescita più sostenuta, pari al 215% (1,5 miliardi), guidata da Regno Unito e Irlanda (42% degli investimenti totali). Il 2015 si candida a diventare l’anno del Fintech.

 

Nel mondo dell’innovazione finanziaria possono trovare posto sia nuovi prodotti da nuove start-up, sia un nuovo approccio da parte di chi è già presente sul mercato (banche, assicurazioni ed e-commerce) e, per necessità o per scelta, ha bisogno di una “spolveratina” al proprio look. Il fenomeno ha diverse declinazioni: dalle criptovalute ai prestiti tra privati, per arrivare al crowdfunding, tutti strumenti che rispondono alle nuove esigenze dei consumatori e che, soprattutto, definiscono nuovi modelli e aprono nuovi mercati. Una rivoluzione che vede in Londra il centro geografico, grazie anche alla presenza di quasi tutte le grandi banche o istituti finanziari del mondo. Nella capitale inglese, inoltre, opera Level 39, il più grande acceleratore di start-up Fintech d’Europa.

 

In Italia gli investimenti hanno ancora numeri piccoli rispetto al resto d'Europa ma la scena Fintech è in fermento. L’ultima stima, del Politecnico di Milano, parla di poco più di 7 milioni di euro investiti fino a ottobre 2014: “Il nostro limite”, scrive Roberto Ferrari, General manager Che Banca!, nell’introduzione all’Atlante Fintech 2015 pubblicato dallo stesso istituto, “è dato dalla dimensione dei capitali di investimento e di mercato di riferimento per le Fintech, che in entrambi i casi devono guardare oltre i nostri confini se vogliono davvero affermarsi”.

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Nell’Atlante trovano posto molte storie, che portano alla luce il volto più bello dell’Italia. UnFraud, ad esempio, è un software in grado di riconoscere una frode online e di bloccarla. Il numero di una carta di credito o le password di una mail che tutti i giorni utilizziamo per acquistare o lavorare vengono comprate dagli hacker a stock di mille. Le conseguenze di una frode però non si limitano a quelle del defraudato della propria identità ma si estendono soprattutto a chi vende online: «Sono loro a essere truffati su larga scala», spiega Andrea Puzo, 28 anni, che insieme a Vincenzo Paduano, 31, e Armando Monaco, 30, sta sviluppando il software. Un attimo prima dell’acquisto compare sul monitor di chi sta vendendo una percentuale: «Quella indica la possibilità che si tratti di una truffa», racconta Vincenzo che lavora al Cnr di Napoli dove studia l’intelligenza artificiale applicata alla bioinformatica che tratta tumori e malattie genetiche. «Il software che abbiamo sviluppato è intelligente, più dati acquisisce e meglio riconosce le truffe».

 

Le conseguenze di un raggiro online sono gravissime per un negoziante. «Una volta scoperto che si tratta di una truffa», continua Andrea che è Country manager di Cuponation, startup nata in Germania, «deve restituire i soldi al titolare della carta rubata e pagare una commissione al circuito finanziario che va da 10 a 100 dollari. Conosciamo entrambi i problemi che derivano dalle truffe online. Ho sentito spesso i miei colleghi lamentarsi per questo problema ed è per questo che abbiamo deciso di creare UnFraud».

 

Funding Wonder, fondata nel 2013 da Daniele Bruttini e soci con sede a Miami, in Florida, per mettere in contatto le piccole imprese e gli investitori. “In pratica, si tratta di un portale di crowdfunding rivolto alle piccole e medie imprese alla ricerca di finanziatori”, spiega Bruttini sulle pagine dell’Atlante, “quelle, per intenderci, con un fatturato inferiore ai 2 milioni di euro”. Il che, in Italia, si traduce in circa quattro milioni di aziende. “L’altro interlocutore a cui si rivolge la nostra piattaforma sono gli investitori che vogliono diversificare il loro portafogli o fare piccoli investimenti”.

 

Il modello di business di Funding Wonder si basa sul trattenere una percentuale sulle transazioni: “Applicheremo una commissione sui prestiti e sui soldi investiti. Una percentuale più alta sui primi e molto bassa sui secondi”. Una percentuale che suona come musica rispetto ai «no» che tanti imprenditori si sono sentiti rispondere negli ultimi anni dagli istituti di credito.

 

Anche SACE è entrata nel mondo Fintech e lo ha fatto avviando una collaborazione con la start-up digitale Workinvoice, la piattaforma web che consente alle piccole e medie imprese di ricevere liquidità attraverso la cessione di fatture emesse nei confronti di aziende di grandi dimensioni.

 

L’obiettivo viene raggiunto grazie a un meccanismo di asta pubblica che coinvolge investitori istituzionali e professionali. L’accordo tra SACE e Workinvoice è limitato a iniziative di co-marketing: ciascuna società comunica ai propri clienti l’esistenza dell’altra e i servizi disponibili. Uno scambio che ha una valenza commerciale ma soprattutto di legittimazione: «Per noi l’accordo con SACE rappresenta un momento di validazione delle nostre attività», commenta Matteo Tarroni, co-fondatore della società con Fabio Bolognini, consulente finanziario che al suo attivo vanta una lunga esperienza nel settore bancario.

 

Un accordo attraverso il quale SACE «conferma il proprio impegno a favorire l’apertura del mercato italiano a fonti di finanziamento alternative che si stanno progressivamente affermando oltre confine», spiega Alessandra Ricci, Chief Business Officer di SACE . «La partnership con Workinvoice rappresenta la prima di una serie di iniziative 2.0 con cui offrire alle Pmi soluzioni innovative a sostegno della liquidità». Una collaborazione che porterà alle piccole e medie imprese uno strumento in più per finanziare il proprio capitale.

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