Articoli 11 dicembre 2015

KENYA: AMBIZIONI FUTURE

Un «crocevia cruciale per il risveglio politico, economico e sociale dell’Africa». La definizione è del ministro della Giustizia Andrea Orlando, che nelle scorse settimane ha introdotto con queste parole il Kenya a Expo. Poco prima, Uhuru Kenyatta – presidente dello Stato africano – aveva presentato così il suo Paese: «Molti ci chiedono: perché il Kenya? La risposta è semplice: per la sua gente. Siamo un Paese costruito sulle persone e non sui diamanti». E l’Italia gli crede. Per questo, sempre secondo quanto riferito dal ministro Orlando, «vuole inserirsi in questa dinamica virtuosa e riaccendere i suoi riflettori sull’Africa».

 

L’interscambio tra Italia e Kenya c’è ma è inferiore al potenziale offerto dal Paese africano. Così, tra i due Paesi sono all’orizzonte nuovi accordi di cooperazione e di investimenti. Riguardano più settori: economia, energia, agricoltura, turismo, giustizia. Un rapporto, quello tra i due Paesi, che da sempre gode di un canale privilegiato e che ha avuto modo di rinsaldarsi, attraverso nuove strade, proprio durante l’Expo quando SACE, Rota Guido – in qualità di capofila di undici Pmi italiane – la Kerio Valley Development Authority e la Moi University di Eldoret hanno firmato un Memorandum of Understanding in cui si impegnano nello sviluppo di un progetto zootecnico del valore di 25 milioni di euro in Kenya. L’accordo prevede la progettazione, realizzazione e fornitura chiavi in mano di una fattoria dotata di tecnologie innovative e completamente autosufficiente a livello energetico, in grado di produrre circa 30 mila litri di latte, 1,2 tonnellate di carne, 1 Megawatt di energia proveniente da biomasse e oltre 1,5 Megawatt di energia generata da pannelli solari al giorno.

 

La commessa prevede la fornitura di tutti i macchinari e la realizzazione di tutte le attività necessarie al funzionamento della fattoria. L’accordo prevede anche il trasferimento di conoscenze e un servizio di consulenza e formazione alla Moi University, la più avanzata nel Paese per la zootecnia. In totale, il progetto coinvolgerà undici Pmi italiane, ognuna specializzata in un segmento o in un processo per la realizzazione dell’impianto. «Noi», ha aggiunto Kenyatta, «siamo un piccolo Paese, ma dalle possibilità illimitate. Non siamo solo tè e caffè, non solo commercio e turismo, ma anche agricoltura, manifattura, information technology. Il Kenya punta a essere entro il 2030 un Paese di medio reddito». A guidare il Kenya è, appunto, Uhuru Kenyatta, eletto nelle elezioni del marzo 2013, le prime dopo le modifiche costituzionali del 2010. Sebbene l’opposizione abbia inizialmente contestato la validità del voto, la Corte Suprema ha successivamente ritenuto regolari le elezioni, giudizio pacificamente accettato dall’opposizione stessa. Eventuali sviluppi nel processo presso la Corte dell’Aja a carico del presidente Kenyatta e del suo vice, William Ruto, potrebbero causare instabilità nel governo. Inoltre, la decisione di intervenire nella guerra civile in Somalia nel 2011 ha causato la ritorsione del gruppo terroristico di matrice islamica al-Shabaab, responsabile dell’attentato del settembre del 2013.

 

Oggi, il Kenya è per molti aspetti il traino dell’Africa orientale: ha un’industria locale dinamica e aperta, capace di interfacciarsi con imprese di ogni dimensione; offre buone opportunità di business nei settori agricolo e turistico, nelle telecomunicazioni e nei trasporti, oltre che in tutta la filiera della distribuzione dei beni di consumo. Il Paese, inoltre, gode di collegamenti aerei e marittimi di primo ordine e ha sviluppato nel tempo un’articolata ed efficiente rete di servizi per le imprese, da quelli finanziari e doganali alle comunicazioni e ai servizi di assistenza da parte di istituzioni ed enti parastatali, senza contare le molte iniziative del governo volte a incentivare gli investimenti diretti dall’estero. L’ultima si chiama ‘Make It Kenya’ ed è stata lanciata proprio a Milano – alla Kenya House – dal presidente Kenyatta. Obiettivo, «dare informazioni sul Kenya come destinazione turistica e per gli investimenti», ha spiegato il Capo di Stato. «Il posizionamento del Kenya a livello globale non è mai stato così forte», ha concluso Kenyatta, «è quindi una nostra responsabilità e un nostro dovere sostenere gli obiettivi e la visione del nostro Paese».

 

Gli accordi di libero scambio firmati nel mese di giugno tra le Comunità dell’Africa orientale (Eac), quello per il Mercato Comune per la Comunità per lo sviluppo dell’Africa del Sud (Sadc) e, infine, quello per l’Africa orientale e meridionale (Comesa) offrono l’accesso al mercato keniota a 600 milioni di consumatori. Il Paese ha intrapreso un programma completo di sviluppo, il Kenya Vision 2030, che si pone come obiettivo di modernizzare le infrastrutture, aumentare il turismo e rafforzare la propria presenza industriale. Vision 2030 ha lo scopo di sollevare tutti i kenioti sopra la soglia di povertà, potendo arrivare a un reddito pro capite di almeno tremila dollari. Un programma ambizioso e di non facile realizzazione, se si tiene conto che oggi il 40% della popolazione del Paese africano vive sotto la soglia di povertà.

 

Secondo le previsioni di Bloomberg, il Kenya è il Paese africano che nel 2015 registrerà il più veloce sviluppo economico e il terzo del mondo, dopo Cina e Filippine. La sua economia nascente è sostenuta da un elevato livello di istruzione. Circa il 60% dei suoi abitanti non supera i 25 anni di età. Le conquiste tecnologiche e scientifiche del Kenya hanno recentemente attratto investimenti da parte di alcune delle multinazionali più importanti del mondo, tra cui Google, Ibm, Facebook, Chase Bank e General Electric. Il Kenya è impegnato anche nella modernizzazione dei trasporti, delle infrastrutture, del sistema energetico e del settore dell’Information Communication Technology (Ict). A dimostrazione di ciò, Aeolus Kenya Limited, una delle principali società di sviluppo del Kenya, ha annunciato la sua partecipazione al progetto Lappset, un piano da 25 miliardi di dollari che prevede la costruzione di un nuovo porto a Lamu, una strada, una ferrovia, un oleodotto, tre aeroporti, tre città resort e un cavo in fibra ottica che collega il Kenya con Etiopia, Sudan del Sud e Sudan.

 

Lo scorso luglio, il giorno prima di una visita istituzionale proprio in Kenya, il presidente del Consiglio Matteo Renzi scriveva su Facebook: "Una strategia di politica estera degna di questo nome non può che mettere al centro dell’interesse italiano l’Africa, con le sue potenzialità, le sue contraddizioni, le sue ricchezze. Inutile dire 'Aiutiamoli a casa loro’ se poi si tagliano i fondi e non si considera la politica estera una priorità. Dopo anni di immobilismo, finalmente si riparte. Noi ci siamo. L’Italia c’è”. Il giorno dopo, Sace, Intesa Sanpaolo e Bnp Paribas annunciavano il finanziamento del progetto della diga di Itare in Kenya, del valore complessivo di 306 milioni di euro, realizzato dall’azienda romagnola Cmc Ravenna.

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