Articoli 01 luglio 2016

BANGLADESH

Un Paese remoto, incuneato nel territorio indiano, con una storia travagliata e un’economia che si sta trasformando da agricola a industrializzata: il Bangladesh è questo e molto altro ancora. Quello che sta diventando il nuovo polo manifatturiero asiatico è un mercato che prova a cambiare passo e merita attenzione.

 

Nell’ultimo decennio il Bangladesh ha intrapreso un percorso di crescita economica, non privo di ostacoli, trainato dalle esportazioni e dagli investimenti produttivi esteri, grazie soprattutto a un fondamentale punto di forza: una manodopera qualificata e conveniente, con il costo del lavoro più basso in Asia dopo quello del Myanmar.

 

Motore ed emblema del Paese è l’industria tessile. I numeri sono impressionanti: il comparto in Bangladesh dà lavoro a circa 4 milioni di persone e vale circa il 13% del Pil e l’80% dell’export; negli ultimi tre anni ha triplicato le vendite estere, che nel solo 2013 hanno realizzato una crescita del 13%, raggiungendo i 21,5 miliardi di dollari. Il quadro, certo, è punteggiato di luci e di ombre. Dopo il crollo del Rana Plaza nel 2013, il palazzo di nove piani sede di alcuni laboratori tessili in cui morirono oltre 1200 persone, resta ancora molto da fare sul fronte del lavoro, soprattutto minorile. Quel tragico evento ha dato nuovo vigore alle pressioni – a livello sia internazionale sia nazionale – per il miglioramento delle condizioni di lavoro nell’industria bengalese: dopo più di un accordo tra aziende e sindacati, sono stati riconosciuti, ai lavoratori del settore tessile, maggiori diritti e un cospicuo aumento del salario minimo, che oggi raggiunge circa i 74 dollari al mese (+77%).

 

«Da quel 2013 le cose stanno progressivamente cambiando», concorda Ambrogio Caccia Dominioni amministratore delegato di Efi Reggiani, azienda leader nella fornitura di macchine inkjet per la stampa su tessuto, attiva anche in Bangladesh. «Se aumentano professionalità e know-how si possono contrastare efficacemente povertà, sfruttamento e lavoro minorile, e il Paese è destinato ad avere tassi di crescita nel tessile ancor più rilevanti». Forte di una rete di distribuzione e agenti presente in più di quaranta mercati e clienti provenienti da circa centoventi Paesi, Efi Reggiani produce macchine per la stampa tessile e la tintoria e con SACE ha assicurato la fornitura di un macchinario per la stampa di tessuti proprio in Bangladesh per un importo di 530 mila euro.

 

Sono molte le imprese che guardano con interesse a questo mercato sia come terreno d’investimento sia come destinazione. Le esportazioni italiane verso il Bangladesh hanno raggiunto il valore di 320 milioni di euro nel 2014, il 60% dei quali rappresentati dalla meccanica strumentale – uno spaccato che segnala la trasformazione dell’economia da agricola a industriale. Nel frattempo diverse aziende estere, anche cinesi, stanno progressivamente spostando le proprie attività in Bangladesh per abbattere ulteriormente i costi di produzione.

 

Sono inoltre presenti nel Paese alcune export processing zones, zone industriali nelle quali è possibile produrre godendo di agevolazioni di tipo fiscale, finanziario e normativo. Per un’industria che ha puntato molto sulla leva della manodopera e sulle produzioni di largo consumo, gli obiettivi oggi si spostano verso nuove sfide: l’efficientamento dei processi e della catena del valore, l’aumento della qualità dei prodotti per raggiungere fette di mercato a maggiore capacità di spesa. Secondo le stime dell’ufficio studi di SACE, attraverso un miglior presidio di questo mercato le nostre imprese potrebbero guadagnare circa 126 milioni di euro di esportazioni aggiuntive entro il 2018.

 

Estendendo la visuale a un orizzonte di più lungo termine, le opportunità che il Bangladesh può offrire alle imprese estere risultano anche molto diversificate. Le infrastrutture bengalesi necessitano di ingenti investimenti: le vie di comunicazione stradale e ferroviaria sono arretrate e l’approvvigionamento energetico (sia elettrico sia idrico) è così critico da compromettere, in certi casi, il normale svolgimento delle attività produttive e industriali.

 

«Il governo bengalese sta dando forte impulso allo sviluppo economico e infrastrutturale attraverso un programma di partnership pubblico-privata», spiega Michal Ron, managing director international business di SACE, che proprio di recente è stata a Dacca per esplorare le potenzialità di business per le aziende italiane. «Energia elettrica, infrastrutture, acciaio e agricoltura: questi settori sono il vero driver della crescita futura del Paese, ed è qui che le nostre imprese hanno tanto da offrire, in termini di tecnologie industriali, esperienza e capacità di esecuzione». 

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