FROM EXPO MILANO 2015 TO EXPO DUBAI 2020
Della sfida che Dubai ha già vinto da tempo sappiamo tutto: da periferia sonnolenta del mondo arabo a snodo cruciale del commercio mondiale, in pochi decenni.
Una sfida più recente è stata diversificare l'economia. Ma è anch’essa già sostanzialmente vinta. Gli idrocarburi contano ormai solo per il 4% del pil, un modello anche per il resto degli Emirati Arabi Uniti (per tutta la loro federazione, la quota è il 23%).
Dubai oggi è al centro di un vortice incessante di merci, persone, relazioni, transazioni. Il suo interscambio è cresciuto del 14-15% annuo nell’ultimo quinquennio. Ha il terzo aeroporto per traffico di passeggeri, dopo Pechino e Atlanta (dieci anni fa non entrava nella Top 30).
La capacità di far crescere economia, infrastrutture, sistemi in parallelo si è combinata con un colpo di fortuna geografico. Dubai ha conquistato un ruolo unico sul pianeta diventando hub regionale di ben due aree diverse: è il nodo più orientale del sistema di traffico europeo, e quello più occidentale dell'Asia.
Di pari passo con i movimenti di beni materiali è cresciuto un settore finanziario e creditizio oggi pienamente sviluppato: 23 banche nazionali, 28 straniere, e i vantaggi di una speciale zona franca finanziaria.
Con una burocrazia agile, poca corruzione, la tassazione più favorevole al mondo, Dubai è salita al 22° posto per facilità di business secondo la World Bank.
Le imprese italiane colgono da tempo le opportunità dell'area: siamo il terzo partner europeo degli EAU. Per tutto questo — sommato alla stabilità politica — SACE ha scelto Dubai come sede del nuovo ufficio di rappresentanza per l’area MENA (Medio Oriente e Nordafrica), guidato da Marco Ferioli. Per SACE la zona è già la seconda per esposizione: quasi 5 miliardi di euro, di cui il 90% nel Golfo Persico.
La spinta verso un'economia diversificata, con un'infrastruttura all’altezza, anima l'intera Federazione, ma in parte anche il resto della regione. "Dal punto di vista industriale le nostre PMI, per esempio, possono trovare in alcuni paesi opportunità crescenti", riassume Marco Ferioli. "In tutti i paesi del Golfo ci sono progetti di investimento che vanno dalle infrastrutture ai settori non tradizionali: non più solo oil & gas, ma comparti come il turismo o la meccanica". Questo vale per l'Arabia Saudita, dove pure il contesto operativo non è facile, ma anche per Oman e Kuwait, fra gli altri.
Negli Emirati una forte espansione potrebbe interessare l'alimentare, profilando forti opportunità per l'Italia. Il clima è avverso a un sistema agricolo industriale: l’80% del territorio è desertico, e non piove più di 7 giorni l’anno. Il fabbisogno alimentare locale è coperto per l’85% da importazioni. Ma gli EAU oggi sono un hub commerciale anche nel food: il 40% del loro commercio internazionale di alimentari sono esportazioni, perlopiù verso Iran, Iraq e altri paesi del Golfo.
Promettono altrettanto bene le energie rinnovabili, con il fotovoltaico in prima fila. Il governo punta a portare al 25% la loro quota nel mix elettrico entro il 2030. Nell’emirato di Ras al Khaiman, un parco solare da 40 MW alimenterà un impianto di desalinizzazione.
Cresce anche l'ICT, trainata dall'obiettivo di rendere la P.A. al 100% smart e accessibile da dispositivi mobili. Dubai punta a sviluppare una serie di smart city per il 2020, quando ospiterà l'Expo. Per esempio a Dubai South: un'area di 145 kmq nel cui sviluppo le nostre imprese saranno in prima fila, creando un ideale ponte tra l'edizione milanese e quella emiratina dell'Expo. Il sito della manifestazione si troverà infatti qui, dove sorgerà anche il nuovo aeroporto più grande del mondo, Al Maktoum. Lo scorso autunno SACE ha annunciato una linea di credito da 1 miliardo di euro per l’acquisto di beni e servizi di fornitori italiani nel quadro di questo progetto.
Nelle grandi opere infrastrutturali ed edili più in generale, così come pure nelle apparecchiature medicali e nell’elettrotecnica, si affacciano molteplici opportunità. SACE stima un incremento potenziale del nostro export verso Dubai per 2,1 miliardi di euro di qui al 2018.
Da diversi fattori esterni provengono minacce ma anche possibilità. Il basso costo del petrolio, colpendo direttamente altri paesi nella regione, penalizzerà anche Dubai. Ma al tempo stesso la sua centralità ne uscirà rafforzata, e la sua capacità di attrarre investimento da tutto il mondo resta solida. Inoltre, gli EAU sono già il primo paese d'origine delle importazioni per l'Iran: una riapertura di quel mercato (storicamente destinazione chiave anche per le imprese italiane e per SACE) aprirebbe scenari molto positivi per Dubai.
L'ultima sfida aperta, per l'Emirato, è creare una modernizzazione non solo economica. Una popolazione sempre più istruita — per poter occupare i posti qualificati che oggi vanno in modo preponderante a residenti stranieri — chiederà più diritti individuali. Mentre per le durissime condizioni di lavoro e di vita della manodopera operaia (perlopiù est-asiatica), Dubai e gli EAU sono da tempo sotto la lente dei paesi occidentali. In vista dell'Expo 2020, che moltiplicherà quest'attenzione, è lecito aspettarsi miglioramenti non solo "cosmetici". In campo sociale, ma non soltanto. La sostenibilità ambientale — uno dei temi dell'Expo — è un obiettivo impossibile, per una metropoli che si espande nel deserto? Alcune pratiche e progetti d'avanguardia, già avviati, potrebbero portare sorprese positive. Dubai ha forte interesse a poter vantare, nel 2020, risultati reali. E la capacità dell'Emirato di innovare ha già stupito il mondo altre volte.
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