DAC
Dalla Campania un modello vincente: grandi imprese, centri di ricerca, università e Pmi si uniscono in distretto per esportare tecnologia italiana nel mondo
Una best practice che emerge in un territorio difficile ha un motivo in più per essere raccontata. È il caso del Dac, Distretto Aerospaziale Campano, un conglomerato industriale costituito nel 2012, al quale partecipano 28 soggetti. Ne fanno parte sei grandi aziende, undici Pmi (di cui sette consortili che raggruppano 124 aziende e centri di eccellenza) e undici centri di ricerca, tra cui cinque Atenei campani.
Un esempio di “distretto che funziona”, che crea sinergia tra piccole e grandi imprese, aumentando l’efficienza dei processi, minimizzando i costi e massimizzando le opportunità. Il comparto aerospaziale fa della Campania una terra di primati: è la prima Regione in Italia per l’occupazione generata da questo settore (con oltre 8 mila posti di lavoro) ed è seconda solo alla Lombardia per volumi di business: con 1,6 miliardi di euro di fatturato e 800 milioni di vendite estere nell’ultimo anno, da sola rappresenta il 18% dell’export italiano. Nella visione che ne portò alla creazione, anche su impulso del Ministero dell’Istruzione, il Dac risponde all’obiettivo di innescare un processo di crescita competitiva e sostenibile delle Regioni cosiddette “della Convergenza” – ovvero Puglia, Sicilia, Calabria e Campania – attraverso lo sviluppo di un sistema di “ricerca-formazione-innovazione” integrato nel territorio.
«Il Distretto non nasce per occuparsi esclusivamente di gestire fondi pubblici», spiega Luigi Carrino, che riveste la doppia carica di presidente del Dac e del Cira (Centro Italiano Ricerche Aerospaziali), «ma per creare una forte rete di cooperazione. Il Dac ha agito su diversi fronti: ha avviato programmi di ricerca per l’adozione di nuove tecnologie, ha creato percorsi di formazione con la rete europea Eacp (European Aerospace Cluster Partnership), il polo formativo NeA (Nuclear Energy Agency) e oggi provvede anche a procurare ai propri soci strumenti di finanza ordinaria innovativa». Il Dac ha messo a punto uno studio di fattibilità fondato su dodici programmi che è stato approvato dal Miur con il massimo punteggio. questi dodici programmi prevedono un investimento di circa 117 milioni di euro da sviluppare in un triennio.
Non solo. Il valore aggiunto di questo Distretto è quello di aver saputo coinvolgere esperienze provenienti da mondi diversi (come industria e università) a tutto vantaggio dell’occupazione e dello sviluppo del territorio. Lo conferma ancora Carrino: «Al di là della presidenza comune, è molto importante che ci sia una strettissima collaborazione tra il Dac e il Cira». Questo perché, secondo Carrino, «i distretti tecnologici devono essere la sintesi della capacità di un territorio di fare innovazione all’interno di una filiera industriale. Gli indirizzi devono provenire dal mondo delle imprese, perché parliamo di innovazione, e l’arma più potente è rappresentata dalla ricerca e dall’alta formazione che è presente sul territorio». Come presidente del Cira, Luigi Carrino spiega che: «Il cambiamento a cui aspira il Centro di ricerca è quello di diventare un sistema aperto alle imprese, con una presenza stabile di nuclei di ricerca del mondo industriale all’interno del Cira. Tutto ciò ha l’obiettivo di costituire quella massa critica di competenze e interessi dello sviluppo tecnologico, fondamentale per promuovere innovazione».
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