Agroalimentare italiano nel mondo: resilienza, innovazione e e-commerce

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Con oltre 55mila imprese attive (dato 2018), l’agroalimentare si attesta come il primo settore manifatturiero in Italia con un valore aggiunto generato dall’industria di alimentari e bevande che supera il 10% di quello prodotto dall’intera manifattura italiana.

Tuttavia, mentre la propensione all’export di quest’ultima è pari a circa il 45%, quella delle imprese agroalimentari si attesta intorno al solo 25%, con un dato ancora troppo basso che riguarda la propensione all’export: solo una impresa agroalimentare su dieci porta i suoi prodotti all’estero.

Il 2019 ha confermato il trend positivo degli ultimi anni, con un le esportazioni italiane di prodotti agroalimentari che hanno sfiorato i 45 miliardi di euro, pari al 9,3% dell’export complessivo di beni e servizi e in aumento di circa il 5% rispetto all’anno precedente. Inoltre, è risultata in crescita la vendita di numerosi beni che rivestono un ruolo di particolare rilievo per il nostro export, tra cui vini, prodotti da forno e farinacei e quelli delle industrie lattiero-casearie, frutta e ortaggi lavorati e conservati, nonché altri alimenti come cioccolato, caffè e condimenti.

Anche i primi sette mesi del 2020, nonostante la pandemia, hanno testimoniato un aumento delle esportazioni di beni legati all’agricoltura, silvicoltura e pesca, così come migliore è stata la domanda estera di prodotti alimentari, bevande e tabacco, che segnano un aumento del 3,5% nello stesso arco temporale. In particolare, le esportazioni di prodotti da forno e farinacei hanno subito un consistente incremento, pari a circa +16% rispetto allo stesso periodo del 2019.

 

Quali i mercati tradizionali dell’export agroalimentare?

L’Unione Europea, che con 28,4 miliardi di euro registrati nel 2019 assorbe circa il 64% delle esportazioni nazionali, è il principale mercato di destinazione dei nostri prodotti agroalimentari, con Germania e Francia posizionate al primo posto. Si evidenzia inoltre il ruolo esercitato dalla Svezia, primo partner commerciale in Scandinavia, verso cui si prevede una crescita del 5% delle vendite italiane nel 2021, con il raggruppamento agroalimentare come il meno colpito. La domanda di alimentari e bevande Made in Italy, infatti, ha registrato negli ultimi anni una costante crescita nel Paese nord-europeo, che non dovrebbe subire contrazioni. Per ulteriori approfondimenti, consulta la scheda paese elaborata da SACE.

Nel 2019 sono notevolmente aumentate le esportazioni al di là dell’Unione Europea, con gli Stati Uniti a rappresentare il primo mercato di sbocco del Made in Italy agroalimentare extra-UE.

Tra i comparti trainanti per l’export verso gli USA ci sono vini spumanti, fermi e frizzanti, paste alimentari e prodotti di panetteria, pasticceria e biscotteria. In crescita risultano inoltre tutti i tipi di formaggio, sebbene siano uno dei segmenti produttivi oggetto dei dazi introdotti dall’amministrazione Trump nell’ottobre 2019. In proposito, si segnala che la minaccia riguardante l’introduzione di nuovi dazi su prodotti, quali vino (di cui l’Italia è primo fornitore negli USA, principale consumatore mondiale del prodotto), olio e pasta, è stata fortunatamente scongiurata.

Gli USA rappresentano un mercato ad alto potenziale anche per quanto concerne il comparto biologico. In accordo con i dati raccolti da Nomisma, l’export dei prodotti bio Made in Italy è notevolmente cresciuto nel corso degli ultimi anni, registrando un aumento dell’8% nel 2020 e classificando gli USA come il terzo mercato con le maggiori prospettive di crescita. In quest’ultimo infatti, le imprese italiane possono vantare un generale interesse e apprezzamento nei confronti dei prodotti Made in Italy, dei quali se ne riconosce una maggiore qualità. Al riguardo, un sondaggio condotto da Ita.bio, ha mostrato come più dell’80% dei consumatori statunitensi intervistati si sia detto disposto a spendere di più per l’acquisto di prodotti bio di origine italiane.

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Quali ‘nuove’ geografie per l’agroalimentare italiano?

  • Vietnam, con cui l’UE ha recentemente siglato un accordo di libero scambio che comporterà la graduale soppressione dei dazi. Si tratta di un’intesa che offre opportunità per le aziende italiane interessate agli scambi commerciali con il Vietnam, paese che garantisce inoltre un uso corretto dell’indicatore di provenienza di un prodotto offrendo un notevole vantaggio per il marchio “Made in Italy”.
  • Giappone, che ha beneficiato dell’entrata in vigore dell’Economic Partnership Agreement (Epa), recentemente stipulato con l’Unione Europea.
  • Angola, dove le opportunità per la filiera italiana sono notevoli e in cui si prevede una dinamica particolarmente favorevole per l’export di macchinari e di prodotti agroalimentari, attesi in crescita del 25% nel 2021 dopo tre anni consecutivi di contrazione. Gli investimenti promossi nel Paese, volti a colmare il divario strutturale tra domanda e offerta interna di prodotti alimentari continuano ad essere strategici e si stanno concretizzando nella costruzione di diversi parchi agro-industriali.
  • Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, nei quali gli incrementi più consistenti delle esportazioni si sono registrati per le mele, i formaggi stagionati, le paste alimentari e i prodotti della panetteria, pasticceria e biscotteria.

Per maggiori approfondimenti in merito, consulta il nostro Rapporto Export.

 

Gli effetti della crisi pandemica sul settore agroalimentare e la sfida dell’e-commerce

Come evidenziato dall’ultimo Rapporto Export , le esportazioni italiane di agricoltura e alimentari sono le meno colpite dagli effetti della crisi pandemica nel 2020. Tale risultato è stato possibile grazie ad una produzione che non ha subito drastici arresti durante il lockdown e ad una domanda sostenuta dall’aumento della spesa per alimenti e bevande realizzata nei canali della distribuzione. A tal proposito, le restrizioni fisiche imposte hanno evidenziato l’importanza e le potenzialità dei canali digitali e dell’e-commerce.

Lo shock da Covid-19 e le conseguenti misure adottate, tra cui l’aumento dello smart working, hanno radicalmente influenzato le abitudini di spesa degli italiani e continueranno ad esercitare un significativo impatto sulla numerosità delle imprese operanti nel settore e sulle modalità di vendita. Al riguardo, lo scenario emerso da uno studio condotto dal Polimi, evidenzia che gli acquisti dei consumatori nel comparto Food&Grocery registreranno nei prossimi anni una crescita del +55%, ossia quasi un miliardo in valore assoluto in più rispetto al 2019.

Oggi le imprese alimentari sono chiamate ad investire sempre di più in forme più digitalizzate di vendita, marketing e promozione.

Il boom del canale e-commerce in molti mercati di destinazione del nostro Made in Italy rappresenta una grande opportunità per le nostre imprese, che va però affrontata con la giusta preparazione e con gli strumenti adeguati. Per essere efficace una strategia di export digitale dovrà configurare in modo opportuno tutti gli aspetti del commercio estero online, da quelli logistici e organizzativi, a quelli finanziari, legali e di marketing.

 

 

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